La maledizione del Piccolo TIM


Se c’era una cosa che il Piccolo TIM odiava erano l’arroganza dei potenti e i loro soprusi. Fin da piccolo, il Piccolo TIM non sopportava padroni e quando si rendeva conto che qualcuno voleva imporgli qualcosa, s’incupiva e cercava i modi per sgusciare via da quelle che gli sembravano le grinfie del prepotente di turno. E questo succedeva anche quando il padrone si premurava di indossare i guanti di velluto, sopra le sue maledette grinfie. Un bel giorno, il piccolo TIM si recò presso l’ufficio di un gestore telefonico. Avendo comprato un PC più grande, da tavolo, non gli bastavano più i 20 euro di credito mensili che usava con il portatile, perché il PC da tavolo gli consumava i giga già a metà mese.


Così volle provare una promozione di 29,90 euro mensili con la linea fissa e con tanto di bollette da pagare che arrivavano per posta. Venne il tecnico a fare l’allacciamento e, una volta finito il suo lavoro, il Piccolo TIM gli chiese quanto dovesse per il servizio. “Niente”, fu la risposta, “va tutto in bolletta”, concluse l’elettricista. Il Piccolo TIM, naturalmente, dovette comprare a parte il router fornito dallo stesso gestore telefonico e anche lì andarono via un’ottantina di euri. La prima bolletta fu di 52 euro e il Piccolo TIM pensò che fosse cosa buona e giusta. Il tecnico doveva essere in qualche modo pagato. La seconda bolletta fu di 45 euro e anche in quel caso il Piccolo TIM pensò che il gestore telefonico stesse, come si suol dire, spalmando le spese di allacciamento. Ma quando anche la terza e la quarta bolletta furono della stessa cifra, 45 euro, il Piccolo TIM rimase perplesso. Si recò presso l’ufficio, parlò con l’impiegata e il dialogo che ne seguì fu di questo tenore:

P.T. Scusi, la vostra promozione, che ho accettato di stipulare nel giugno scorso, parlava di 29,90 euro al mese, ma sono quattro mesi che ricevo bollette di 45 euro, a parte la prima che era di 52. Vorrei sapere se per i prossimi due anni dovrò pagare 45 euro.
 
Impiegata: No, no, non è possibile.

P.T. Posso capire che il tecnico debba essere pagato...

Impiegata: No, il tecnico lo paghiamo noi. E’ l’allacciamento che va pagato ma comuque si sono sbagliati. Non le hanno applicato lo sconto. Chiami il 187.


Il Piccolo TIM s’incupì e si fece prendere dallo sconforto, pensando che il 187 era quel genere di “forca caudina” in cui la gente chiama e viene messa in attesa, rimbalzata da un operatore all’altro, con la linea che, misteriosamente, cade spesso e volentieri, obbligando il malcapitato a richiamare e a sentire per l’ennesima volta il messaggio registrato. Oltretutto, pensava il Piccolo TIM, dai telefoni cellulari non era possibile chiamare quel genere di servizi gratuiti, ma solo dai telefoni fissi. Per lo meno, tutte le volte che in passato ci aveva provato, quando la voce registrata diceva: “Prema il tasto uno” o “prema il tasto due”, con il suo cellulare non funzionava.


Così il Piccolo TIM se ne tornò a casa con la coda fra le gambe, senza aver concluso nulla, ma con la sensazione di essere stato preso in giro. Camminando verso casa, continuavano a venirgli in mente quelle scenette in cui Maurizio Crozza spiegava il metodo INC.UL.EIT. Ovvero, tutti i modi con i quali il cittadino viene circuito e alla fine imbrogliato. Il Piccolo TIM spedì immediatamente la disdetta alla sede centrale del gestore, tramite raccomandata con ricevuta di ritorno, come gli era stato detto di fare dall’impiegata, ma nel contempo meditò vendetta.

Facendo due calcoli, si accorse che, tolta la prima bolletta di 52, le tre successive di 45, che avrebbero dovuto essere di 30, gli avevano fregato proprio 45 euro, cioè 15 + 15 + 15. Se la successiva bolletta fosse stata ancora di 45, pensò fra sé il Piccolo TIM, non l’avrebbe pagata, per recuperare i soldi che gli erano stati sottratti per una presunta dimenticanza del gestore
telefonico. Altro che chiamare il 187!


Il Piccolo TIM preferiva farsi giustizia da sé, piuttosto che sottoporsi alla frustrante trafila burocratica dei rimborsi, sempre che non subentrino altre...dimenticanze. E poi, cosa ci stava a fare un negozio con tanto di impiegati in carne e ossa? Non era forse compito loro telefonare al 187 o risolvere in altro modo i guasti che loro stessi avevano causato? Il Piccolo TIM si sentiva in guerra col mondo, una specie di Piccolo Don Chisciotte. Era la sua maledizione, la maledizione del Piccolo TIM, fin da piccolo. La sua leggenda personale.


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