Il Natale di un criptotruffatore


Ci sono persone che a Natale si sentono più buone, molte altre si sentono più infelici, ma una minoranza si crede più furba degli altri, esattamente come nel resto dell’anno. Io li chiamo “criptotruffatori”, perché sono truffatori senza saperlo, dato che i primi ad essere ingannati sono loro stessi. “Lo giuro su ciò che ho di più sacro al mondo, mia figlia: io ti restituirò i soldi che ti devo”, mi disse il signor Mauro De Rocco, fotografo monfalconese, l’ultima volta che ci siamo sentiti al telefono. La figlia è rimasta sacra, le parole si sono perse nel vento, i giorni, le settimane, i mesi si sono susseguiti, ma il debito di 70 euro è rimasto tale e quale, intonso e immacolato.




Tutto ebbe inizio l’estate scorsa, quando, il primo sabato di giugno, sulla bancarella del signor De Rocco, in piazza Garibaldi a Codroipo, campeggiava un corpo macchina Nikon digitale, vecchio modello, appartenuto al protagonista di questa avvilente storiella. Era ciò che andavo cercando perché stavo per partire per un viaggio all’estero e i classici rullini fotografici sono diventati introvabili. Stando alle parole del venditore, dopo qualche scatto di prova le immagini avrebbero dovuto apparire sul display, cosa che invece non è mai avvenuta. Le batterie inoltre non caricavano o si esaurivano subito. E’ vero che si tratta di mercatini dell’usato, ma nessuno compra una macchina fotografica che non funziona. Anche nei mercatini delle pulci ci si aspetta che oggetti di natura tecnologica funzionino il minimo indispensabile. Altrimenti non ha senso comprarli. Se fosse stato onesto fin dall’inizio, il signor De Rocco avrebbe dovuto mettersi l’animo in pace e rottamare la sua gloriosa Nikon, poiché non è come con le moto, che vendi la vecchia per comprarne una nuova. A un certo punto, subentra l’obsolescenza e la macchina fotografica esaurita può avere una sola destinazione: la discarica.




Il mese dopo, infatti, sempre a Codroipo, restituii il corpo macchina non funzionante, restando d’accordo con l’interessato che mi avrebbe trovato qualcosa d’altro, a cui avrei aggiunto la giusta cifra, oltre ai 70 euro già versati. Il tempo passava. Il De Rocco non dava segni di vita. Per telefono gli proposi di darmi il corrispondente dei 70 euro in materiale fotografico, per esempio rullini negativi per macchine analogiche. L’idea non gli piacque. E nemmeno a me, a dire il vero. Avvicinandosi il momento della mia partenza, gli sottoposi amichevolmente un ultimatum: gli diedi i 16 numeri della mia carta Poste Pay dicendogli: “Se mi fai una ricarica sul conto in posta, ti telefono per ringraziarti, altrimenti dovrò farti cattiva pubblicità raccontando di come con me sei stato insolvente, per non dire disonesto”. “Ti giuro su mia figlia che riavrai i tuoi soldi”, fu la sua accorata risposta, e ancora adesso mi chiedo se il signor De Rocco, fotografo monfalconese, sia un abile manipolatore, se sono io troppo ingenuo e credulone o entrambe le cose. “Tu però, per favore, non fare cose strane”, aggiunse il signor Mauro.




Mi dispiace deluderlo, ma – voilà - la cosa strana l’ho appena fatta. Ho scritto questo articolo, che è il primo e sarà l’ultimo del 2016, mentre nel 2017 ne seguiranno altri, poiché mi piace tenere aggiornati i miei lettori, soprattutto quando si tratta di storie che hanno attinenza con le cosiddette miserie umane. Se Dylan Dog è l’indagatore dell’incubo, io sono un indagatore delle bassezze umane. Come un abile e consumato chirurgo, affondo il bisturi nelle fetide carni delle anime vili e corrotte, rimanendo incontaminato alla maniera dei monatti, che trattavano gli appestati senza prendersi la peste. Se qualcuno dei miei lettori volesse telefonare al signor Mauro De Rocco e chiedergli gentilmente di pagare il suo debito con il sottoscritto, può farlo al numero 329-1118142, oppure scrivendogli alla sua mail: simpaty@hotmail.it




Ripeto: con molta gentilezza, giacché, non essendo un esperto di psichiatria, non posso escludere che i criptotruffatori siano malati alla stessa stregua dei cleptomani. Si prendono più mosche con una goccia di miele che con un barile di aceto. Io di telefonate gliene ho fatte abbastanza: c’è qualcuno che vuole perorare la mia causa? Poi dividiamo i 70 euro.




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