Il Parlamento ha appena bocciato la proposta di legalizzare la cannabis non solo per uso terapeutico, ma anche per uso ricreativo, nonostante una buona componente del partito di governo l'abbia già appoggiata. La proposta recava per questo la firma dell'illustre ex candidato sindaco di quel partito che già ci ha mostrato come potesse passare dalla negazione della privatizzazione dei trasporti a Roma alla raccolta di firme per privatizzarli, Giachetti così disse infatti solo un anno fa: il 9 aprile 2016 : «La privatizzazione di Atac, in questo momento, equivarrebbe ad una svendita. Io non ho nessun furore ideologico, ma se risanata vale 10 volte tanto».
Ma tant'è la questione che vogliamo esaminare oggi è un altra:
La proposta Giachetti di legalizzazione della cannabis ebbe un clamoroso lancio solo un anno fa con queste testuali parole: “La legalizzazione entro l'anno”, abbiamo prove certe e video di questa posizione, con una serie di motivazioni che sono sicuramente condivisibili. A firmare la proposta furono ben 213 deputati e una cinquantina di senatori bipartisan.
Cosa accade invece oggi a solo un anno da una proposta che nelle intenzioni dei firmatari avrebbe dovuto essere approvata nel giro sei mesi, e cioè più o meno entro la fine dello scorso anno?
Che non solo la proposta non è passata alla camera con i voti contrari dello stesso PD di Giachetti, ma che lui stesso forse sarà oggetto della trasmissione “Chi lo ha visto?”
Che l'uso della cannabis soprattutto personale non sia condannato più nemmeno dalla giurisprudenza lo conferma una recente sentenza della Cassazione che conferma che non si può condannare qualcuno che se la coltiva in casa perché non è “sufficiente considerare il solo dato quantitativo di principio attivo ricavabile dalle singole piante, dovendosi valutare anche l’estensione e il livello di strutturazione della coltivazione; in modo tale da verificare se da essa possa derivare o meno una produzione potenzialmente idonea ad incrementare il mercato”
Eppure il testo di leggeche sta passando è molto più restrittivo, in quanto non solo ribadisce il divieto di commerciare cannabis, ma anche quello di coltivarla, e pone anche una serie alquanto rigida di controlli e restrizioni in ambito terapeutico tra cui l'articolo 3 che menziona testualmente: “il medico deve indicare il codice alfanumerico assegnato al paziente, la dose prescritta e la posologia. La prescrizione dovrà poi recare la data di rilascio, la durata del trattamento, che in ogni caso non può essere superiore a tre mesi, nonché la firma e il timbro del medico che l'ha rilasciata.”
E' del tutto evidente che, in queste condizioni, i numerosissimi pazienti che ricavano benefici dall'uso della cannabis terapeutica, non solo non avranno facilitato il loro cammino, ma troveranno ulteriori ostacoli rispetto a quelli già abbastanza numerosi, sul piano pratico e burocratico, che incontrano oggi. E sono tanti, ricordiamone solo alcuni come quelli che hanno tumori, che sono affetti da Fibrosi Cistica oppure da Distrofia muscolare..
Ma evidentemente conviene più che vengano abbandonati all'uso indiscriminato di cure ospedaliere e farmaci per altro costosissimi a carico del sistema sanitario nazionale che non solo non sempre sono efficaci, ma che richiedono dosi periodiche sempre maggiori come quelle degli antibiotici e che ovviamente riempiono le tasche delle multinazionali farmaceutiche. Ennesima conferma che questa pseudociviltà usa esseri umani e natura solo come merce per fini di profitto.
La cannabis continuerà ad essere riservata all'uso clandestino e allo spaccio delle mafie che da moltissimi anni ne traggono lucro impunemente sotto gli occhi delle Forze dell'Ordine che sono più solerti nel mettere in galera i piccoli consumatori o i piccoli spacciatori piuttosto che i grandi trafficanti.
Ma questi argomenti stigmatizzati dai radicali mediante la legittima reazione alla mancata approvazione della proposta con la frase: “le mafie ringraziano il Parlamento” ed avvalorati anche dalla posizione di illustri magistrati come il pm di Torino Andrea Padalino oppure addirittura dal dal procuratore capo della Direzione Nazionale Antimafia Franco Roberti, il quale, nel marzo del 2015, si era ampiamente sbilanciato auspicando una legalizzazione delle droghe leggere, di per sé non servono solo a dimostrare l'inefficacia dell'operato parlamentare, ma ancor di più la sua ipocrisia. Specialmente da parte del partito di maggioranza: quel PD che oggi sembra solo attento a conservare i suoi equilibri di potere con una forma di dipendenza cronica dal cerchiobottismo ad oltranza, la quale ha come scopo evidente solo quello di non farsi sorpassare dal M5S, il quale, per altro, ha votato per approvare la proposta di legalizzazione, con i Radicali i quali, nonostante ciò, continuano a battersi per una legge di iniziativapopolare.
Ormai basta varcare le fragilissime frontiere italiane, girando per una Europa che preferisce ammonire gli europei sui matrimoni gay piuttosto che su legalizzazioni che disturbano le mafie (quasi fosse essa stessa una mafia finanziaria all'ennesima potenza) e non fa altro che disinteressarsi dei suoi popoli per favorire quelle disuguaglianze che stabilizzano la supremazia di alcuni paesi su altri, facendosi così forte con i deboli e debole con i forti, per procurarsi facilmente cannabis in maniera del tutto legale. Tanto che una parte di quella usata per fini terapeutici in Italia viene anche importata, mentre quella che produciamo viene addirittura presidiata dall'Esercito, quello stesso che non può mettere piede nelle basi NATO dove ci sono decine di ordigni nucleari, nemmeno la cannabis fosse un'arma di distruzione di massa.
Ovviamente certi cerchiobottismi e certe ipocrisie non pagano, e continueranno a screditare coloro che le mettono in opera, già per altro falcidiati da perdita di consensi e da scissioni sulle quali qualche personaggio come Pisapia, forse sperando di avere virtù taumaturgiche, sta cercando di mettere una pezza, il quale vorrebbe creare un centrosinistra con una sinistra che non vuole avere nulla a che fare con Renzi e con un Renzi che non vuole nulla alla sua sinistra. Un nulla politico direte voi?
Chissà, da quelle parti in cui il cerchiobottismo regna sovrano più della stessa sovranità italiana, c'è da aspettarsi ogni cosa, quindi anche che un nulla si trasformi in tutto. Nella cronica ed allucinogena dipendenza dall'intramontabile trasformismo politico italiano.