VIA DALLA SERVITU' NUCLEARE di Carlo Felici





I cosiddetti sovranisti non fanno altro che parlare di uscita dall'euro, ma vi è una questione ancora più importante per il nostro Paese, parlando di sovranità concreta ed effettiva.
Un Paese non è mai sovrano se militarmente dipende da un altro. Sarebbe stata sovrana Roma se avesse avuto truppe cartaginesi a presidiare il suo territorio? E Atene, quando mai è stata sovrana con i soldati spartani a presidiare la sua pòlis?
Noi, dopo più di 70 anni dalla fine della seconda guerra mondiale, e dopo quasi 30 dalla fine della guerra fredda, abbiamo visto non diminuire, ma aumentare il numero di soldati statunitensi in Italia.
Forse perché con il muro di Berlino è caduto solo un tramezzo condominiale tra est e ovest? Sicuramente, dato che il muro portante, tra nord e sud, non solo è ancora in piedi, ma lo si rafforza in continuazione con armi sempre più potenti e sofisticate, che ovviamente per i flussi migratori servono a poco.
Così era anche ai tempi dell'impero romano, quando i confini servivano da filtro, e gli eserciti furono sempre più dispendiosi, ma alla fine del tutto inutili a impedire il crollo dei confini stessi.
Oggi i muri servono, come quello costruito contro i palestinesi, solo per marcare una differenza, una discriminazione, oppure, come quello tanto strombazzato da Trump ma che nessuno costruirà, per demagogia, per imbonire le masse e carpirne il consenso.

Per tenere lontani i nemici presunti o reali, ci sono le bombe, e in particolare, quelle atomiche, perché oggi la differenza tra un paese debole militarmente e uno forte, è proprio la possibilità che esso possa disporre o meno di armi nucleari.
L'Italia, da questo punto di vista, è un paradosso vivente, sia perché ha abolito con un referendum le centrali nucleari, sia perché è una delle maggiori potenze nucleari europee.
In Italia, infatti, anche se ciò non viene detto mai ufficialmente, ci sono circa 70 testate nucleari (ma il numero potrebbe essere una approssimazione per difetto), su un totale complessivo europeo che si aggira tra le 300 e le 400 testate nucleari, un potenziale tale, che se esplodesse tutto, renderebbe il nostro continente un deserto inabitabile, cancellando millenni di civiltà.
Noi siamo il Paese in cui in Europa ce ne sono di più e però, e qui viene la questione cruciale, non solo non abbiamo alcun controllo su di esse, ma ci è anche impedito, da una recente decisione del Pentagono, anche solo di sapere cosa accade, in termini, si badi non militari ma di semplice sicurezza, nelle basi che ospitano bombe nucleari nel nostro territorio. Detto in poche parole, non potremo più sapere se le bombe che sono ad Aviano e a Ghedi, per esempio, hanno problemi di sicurezza, riscontrati, per altro, solo dalle ispezioni del governo americano.
In pratica, è come se fossimo seduti su una sedia sopra ad una bomba che può ridurci in pezzettini minuscoli almeno una decina di volte, e per star tranquilli dovessimo affidarci in continuazione a chi ne controlla periodicamente l'efficienza e la sicurezza, ma senza mai azzardarci a mettere il naso sotto il nostro sedere.
E' del tutto evidente che in una condizione così, il sedere che abbiamo non è più nostro.
Il nostro Parlamento, che, tra le tante cose, dovrebbe riappropriarsi anche del suo sedere, infatti, non ha mai affrontato una questione cruciale, dopo la fine della guerra fredda: le spese a carico dell'Italia per l'arsenale nucleare, la sua legittimità in base ai trattati internazionali e i pericoli per la popolazione.
Questo perché evidentemente tutto è fuorché il Parlamento di una nazione sovrana, la quale non può o non vuole affrontare una questione cruciale: Italia e Stati Uniti hanno firmato il trattato di non proliferazione che, tra l'altro, impone di “non ricevere armi nucleari o il controllo diretto o indiretto di esse da nessuno”, e però, nonostante molte di quelle armi siano arrivate e rimaste da prima della firma di tale trattato, oggi lo violano apertamente, pur essendo esso una pietra miliare degli accordi internazionali odierni.
Inutile ribadire che gran parte dei costi per il mantenimento di tali arsenali e la loro messa in sicurezza è a carico del contribuente italiano il quale tuttavia non ha alcun controllo e oggi non può più nemmeno avere alcuna informazione su di essi. Considerato ciò, è dunque legittimo ritenere che essi non servano tanto a difendere il nostro Paese, ma piuttosto a veicolare una gran quantità di soldi in tasche che non sono le nostre e nelle quali non metteremo mai non solo nemmeno un dito, ma neanche un batter d'occhio.
Gli arsenali nucleari oggi non servono a difendere i vari Paesi tra cui il nostro, ma a tutelare se stessi e il giro di affari che ruota intorno a loro.
Ecco perché, alla luce di questi fatti, assume particolare rilevanza ed urgenza la questione della fine della NATO, una alleanza militare che, negli ultimi tempi ha brillato non per difendere popoli o democrazia, ma solo per destabilizzare aree strategiche in Oriente e nel Mediterraneo, creando caos, guerre e miseria tra le popolazioni locali e dimostrando di essere un perfetto strumento imperialista agganciato alle politiche neoliberiste.
Però, consapevoli che una forza militare deve pur esserci, non siamo tra quelli che reclamano la fine della NATO al buio senza se e senza ma, lo chiediamo, piuttosto, in nome di una Forza Militare Europea, del tutto autonoma e sovrana in una Europa Federativa che vada ben oltre la meschina ed angusta gabbia di questa Europa monetaria. Solo Stati sovrani riuniti in una Europa sovrana possono avere il controllo non solo dei loro arsenali, ma anche delle opportune strategie che occorrono per restituire al Mediterraneo la sua antica vocazione di pace e di via privilegiata per l'incontro dei popoli e per la loro crescita culturale, sociale ed economica, sottraendolo a nuove forme di colonialismo, alle mafie a ai trafficanti di ogni genere, e in particolare, ad uno status di guerra permanente.
Purtroppo non vediamo sovranisti protestare contro il mancato controllo da parte dell'Italia delle basi nucleari nel nostro Paese, non li vediamo parlarne, mobilitarsi, né organizzarsi politicamente per contrastare questo fenomeno che sottrae più di altri al nostro popolo la sua sicurezza e la sua libertà.
Di conseguenza, non possiamo che ribadire il fatto che, prima di essere sovranisti, è necessario dimostrare di farsi valere come autentici patrioti, quelli in grado di creare innanzitutto le condizioni per una vera sovranità politica da cui discendano poi anche quella monetaria e militare, perché un solido edificio si costruisce dalle fondamenta e non dal tetto.
Diceva Rémy de Gourmont: “I padroni del popolo saranno sempre quelli che potranno promettergli un paradiso.”
Ebbene noi ora abbiamo dei padroni che ci fanno vivere in un permanente purgatorio, continuamente seduti su un potenziale inferno.
Cerchiamo almeno di promettere a noi stessi e ai nostri figli un destino migliore.

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