LA PRIVATIZZAZIONE DI AUTOSTRADE:
VE LI RICORDATE I GOVERNI DI CENTROSINISTRA?
di Maurizio Zaffarano
In Italia dagli anni novanta in poi sono state attuate politiche che - attraverso le privatizzazioni, la cancellazione del ruolo attivo dello Stato nell'economia, l’attribuzione alla speculazione finanziaria del compito di fornire allo Stato le risorse monetarie necessarie per svolgere le sue funzioni, il “dimagrimento” dello Stato a vantaggio del privato (in base alla menzogna che il privato fosse più efficiente e conveniente per i cittadini a confronto del pubblico), la precarizzazione del lavoro, la progressiva demolizione dei servizi sociali pubblici essenziali (sanità, scuola, pensioni, trasporti, edilizia pubblica), l’ingresso nella gabbia dell’euro e delle regole europee della finanza e della concorrenza senza adeguate contropartite e senza reti di protezione - hanno realizzato il passaggio dall'economia sociale di mercato, prevista dalla Costituzione Repubblicana nata dalla Resistenza antifascista e frutto del compromesso tra comunisti e democristiani, al liberismo selvaggio (senza peraltro intaccare minimamente le incrostazioni della corruzione, delle mafie, del familismo che ammorbano la società e l’economia italiana).
I risultati di queste politiche, nelle condizioni di questo disgraziato Paese, sono ora sotto gli occhi di tutti.
Ma se si dimentica che queste politiche sono state in larga parte guidate e realizzate dai governi di centrosinistra (a cui partecipavano anche Rifondazione Comunista e Comunisti Italiani), con il silenzio/assenso dei Sindacati complici (ivi compresa la CGIL), non si può capire perché oggi la Sinistra è morta in Italia.
Per la Sinistra – responsabile o corresponsabile della distruzione delle condizioni di vita dei ceti popolari - pensare adesso di riguadagnare la fiducia, il consenso, la partecipazione politica attiva dei ceti popolari ad una prospettiva di trasformazione socialista della società italiana attraverso l’allarmata denuncia del razzismo e dell’imminente arrivo del fascismo o irridendo o stigmatizzando questa o quella dichiarazione, questo o quello strafalcione linguistico, questa o quella proposta di esponenti della maggioranza gialloverde (a cui viene così lasciato di fatto il monopolio dell’agenda politica) è totalmente sbagliato perché inefficace e velleitario. Inefficace e velleitario perché inidoneo a spezzare e ribaltare il senso comune dominante fondato sull’individualismo e il consumismo e sull’idea che il mondo capitalistico del profitto e della rincorsa al successo individuale è l’unico mondo possibile. Inefficace e velleitario perché inadatto ad intercettare la rabbia e la paura dei ceti popolari riguardo il futuro, l’impoverimento, la difficoltà a soddisfare i propri bisogni fondamentali.
Altrettanto illusoria e velleitaria è l’idea che possa esistere nel contesto socio-economico-culturale in cui viviamo in Italia una svolta fondata esclusivamente su elementi politico-programmatici in grado di restituire di per sé alla Sinistra una dimensione di massa. Penso al sovranismo, al cosiddetto populismo di Sinistra, alla richiesta di un’uscita dall’euro “da sinistra”. Lo spazio populista e di contrasto delle élites (sia esso autentico o simulato) è oggi saldamente in mano a Lega e 5 Stelle e non si vede all’orizzonte la possibilità di scalzarli da Sinistra finché impererà il pensiero unico capitalista. E penso anche al partito assembleare che “nasce dal basso e sul territorio”, senza organizzazione e senza leader con un briciolo di carisma, il “format” ormai consolidato con cui i partitini di Sinistra provano ad ogni tornata elettorale a riproporre un nome e un simbolo (sempre nuovi e dunque sempre sconosciuti) per tentare di raccattare qualche seggio e qualche briciolo di finanziamento. O ancora a chi richiede di riprendere la lotta di classe quando non esiste più coscienza di classe. Per tutti costoro poi vale l’impossibilità di rivolgersi in modo massiccio alla generalità dei cittadini usando quegli stessi mezzi di formazione dell’opinione pubblica (tv, giornali, cinema, musica, la produzione culturale in generale, ecc.) da cui si è sistematicamente esclusi.
Analogo ragionamento può essere fatto sulla questione migranti. Un conto è l’affermazione di principi etici che fanno parte del DNA della Sinistra: la solidarietà, l’accoglienza, l’integrazione, il dovere di salvare chi è in pericolo di vita, l’affermazione del diritto alla libera circolazione degli esseri umani, il riconoscimento che le migrazioni sono diretta conseguenza dell’imperialismo economico e militare dell’Occidente capitalistico e al di sopra di tutto questo la convinzione che tutti gli esseri umani sono uguali nella dipendenza dal contesto sociale per poter realizzare ciascuno il meglio di sé stessi (e francamente lascia allibiti chi a Sinistra lancia l’allarme per un’asserita “minaccia” del meticciato e sulla conseguente perdita delle nostre tradizioni culturali come se tutta la storia dell’umanità non fosse la storia della mescolanza di popoli e dell’evoluzione di usi e culture dipendenti da tale mescolanza e come se, in particolare, il nostro Paese non fosse il risultato del “meticciamento” di tutti i popoli che nel corso dei secoli scorsi lo hanno invaso e colonizzato (normanni, franchi, arabi, slavi, germanici, ecc.)). Un altro conto è sul piano politico (che è inesorabilmente ricerca del consenso e dei voti) auspicare una immigrazione senza limiti o disconoscere i comportamenti socialmente devianti di buona parte delle popolazioni romanì laddove la stragrande maggioranza degli elettori la pensa in modo totalmente differente, ignorando i problemi sociali, economici, culturali che obiettivamente crea l’immigrazione (regolare e irregolare, comunitaria ed extracomunitaria, di migranti economici e di richiedenti asilo, di cristiani o musulmani o atei) e la fortissima pressione che essa pone sul mercato del lavoro, su quello delle abitazioni e sull’accesso ad un welfare ormai ridotto all’osso a danno indiscutibilmente soprattutto dei ceti popolari e socialmente più deboli.
Per quanto detto fare della questione migranti la “linea del Piave” della Sinistra ed il suo principale o quasi esclusivo argomento di polemica e propaganda politica è assolutamente autolesionistico ed un autentico suicidio politico.
La mia convinzione è che il bisogno e la speranza di realizzare una società socialista per dare piena soddisfazione alla necessità ineludibile ed inestinguibile di uguaglianza e giustizia sociale e di liberazione dal bisogno non potrà mai morire ma nel contempo ritengo incontestabile il fatto che per restituirgli il necessario peso politico e la centralità nel dibattito pubblico – ora che siamo all’anno zero della Sinistra – sia indispensabile un immane e titanico lavoro – che richiederà anni ed anni – da svolgere sul piano culturale, comunicativo, sociale, organizzativo, programmatico.
Lavoro culturale e nella comunicazione – da condurre con genialità e perseveranza stante l’esclusione dai mezzi di comunicazione di massa – per dimostrare che senza l’abbattimento del capitalismo non può esistere benessere e sicurezza, per spezzare la dittatura del pensiero unico liberista e capitalista e conquistare alla causa socialista e comunista quella massa critica necessaria per poter costruire una prospettiva politica che non sia condannata alla marginalità.
Lavoro nella società perché è indispensabile far rinascere una grande comunità politica attraverso la ricostruzione di un sindacato conflittuale e la presenza sul territorio. Il mutualismo non è e non deve essere, come alcuni temono e accusano, la resa alla dissoluzione dello stato ma il mezzo con cui contribuendo a soddisfare, attraverso l’auto-organizzazione, bisogni primari delle persone – incremento del reddito disponibile, difesa dei diritti, affrancamento dall’isolamento cui ci condanna la società attuale – si può ricominciare a stare tra le persone, a parlare con le persone, a riconquistare la fiducia delle persone. Ed un mezzo che ci faccia uscire al più presto dalla bolla dei social network con cui qualcuno si illude di poter fare politica.
Lavoro organizzativo perché serve un partito di militanti e di sezioni, stabile e riconoscibile nel tempo, in grado di raccogliere le risorse necessarie alla sua attività, predisposto a selezionare una nuova classe dirigente, all’altezza di studiare la realtà che ci circonda e i problemi che la caratterizzano e di indicare programmi e strategie idonee alla radicale trasformazione economica e sociale che è necessaria, guidato da leader carismatici che possano diventare dei punti di riferimento in grado di ispirare fiducia e speranza nella maggioranza dei cittadini. La realtà che abbiamo conosciuto negli ultimi dieci anni è stata invece quella dei cartelli elettorali last minute ed “usa e getta”, destinati ad essere abbandonati poco dopo le elezioni: un destino che mi sembra inevitabile anche per Potere al Popolo.
E’ evidente, per concludere, che nessuno oggi a Sinistra ha la forza e le risorse per agire contemporaneamente su questi tre piani. Si parta dunque dall’azione culturale e nella comunicazione per recuperare spazio nel dibattito pubblico e nella coscienza collettiva, accantonando per l’immediato velleità elettorali prive di prospettive e foriere solo di divisioni e contrasti, mettendo insieme partiti, associazioni, gruppi di informazione indipendente, singoli individui di buona volontà per costituire una Rete dove ciascun soggetto agirà secondo le proprie capacità e le proprie inclinazioni ma coordinati in vista dell’obiettivo comune. Alle elezioni ci si penserà più avanti, quando sarà possibile.