Un intellettuale italiano vissuto agli inizi dell'Ottocento scrisse: “La filosofia moderna ha voluto che il mondo fosse tutta una patria, e l'amore fosse universale di tutti gli uomini (contro natura, e non ne può derivare nessun buono effetto, nessuna grandezza). L'effetto è stato che in fatti l'amor di patria non c'è più, ma in vece che tutti gl'individui del mondo riconoscessero una patria, tutte le patrie si son divise in tante patrie quanti sono gl'individui, e la riunione universale promossa dalla egregia filosofia s'è convertita in una separazione individuale”.
Evidentemente, l'idea del nuovo ordine mondiale non nasce nella Massoneria, ma nella mente dei filosofi e degli utopisti e solo in un secondo momento la Massoneria l'ha fatta sua, altrimenti il nostro autore ne avrebbe citata l'origine a chiare lettere, invece di parlare genericamente di “filosofia moderna”. Alla fine di questo articolo dirò chi è l'autore misterioso e rimarrete meravigliati perché è l'ultima persona che avreste immaginato.
Un autore successivo vissuto nel Novecento, Curzio Malaparte, scrisse “La pelle”, in cui si afferma esattamente che la vera patria dell'uomo ha per confini il proprio essere corporeo, la pelle, venendo così a confermare quanto l'autore misterioso aveva detto circa un secolo prima, a proposito dell'estinzione delle patrie nazionali e della loro sostituzione con l'individualismo più sfrenato.
Un autore venuto dopo Malaparte, me, crebbe nell'odio verso la patria nazionale perché negli anni della sua giovinezza andava di moda porsi contro lo Stato, essere antimilitaristi, ribelli e anticonformisti, senza però credere nemmeno a quel superstato propugnato dalla Massoneria e che sappiamo chiamarsi nuovo ordine mondiale. Anzi, ai miei tempi, nonostante lo scandalo degli intrallazzi politici di Licio Gelli, alla Massoneria non si attribuiva alcuna importanza, essendo essa qualcosa di estremamente vago. Tutto era basato sullo scontro ideologico tra fascisti e comunisti, tutto si esauriva lì, non si contemplava l'esistenza di altri fattori e io militavo tra i comunisti, anche se “militavo” è una parola grossa.
Dunque, secondo il nostro misterioso autore, il concetto di fratellanza universale, cioè l'idea che l'umanità possa vivere in pace sotto un unico governo, è contro natura. Ma di per sé questo non sarebbe un male assoluto, giacché vi sono altri comportamenti nell'uomo che si possono qualificare come contro natura. Guidare la macchina lo è, volare in aereo anche, ma lo si fa abitualmente, non senza pagarne lo scotto, ma godendone appieno dei benefici. Vi sono situazioni in cui è sbagliato andare contro natura, altre in cui è doveroso farlo. E' doveroso sopprimere gl'istinti relativi al rapporto preda-predatore, perché un assassino o un ladro sono più vicini alla natura di coloro che non uccidono e non derubano i propri simili. In una specie gregaria come la nostra non dovrebbe succedere, perché dovrebbe prevalere la cooperazione, ma a volte la natura sopraffà l'educazione, e in tal caso ci deve pensare la magistratura.
Accoppiarsi fra membri dello stesso genere è contro natura, ma sebbene crei qualche turbamento nel resto della popolazione, non porta a conseguenze nocive come il furto e l'assassinio. Non si crea allarme sociale, se non in quelle persone particolarmente tradizionaliste, conservatrici e attaccate al modello classico di famiglia. Se un uomo si accoppia con un altro uomo o una donna con un'altra donna, non ci scappa mai il morto, a differenza del predatore umano che obbedisce alla legge naturale della predazione. A livello di specie, oltretutto, l'omosessualità non crea scompensi perché la capacità riproduttiva della nostra specie resta comunque altissima.
Anzi, proprio quest'ultimo fattore implica un andare contro natura. Tutte le specie viventi si autoregolano in fatto di crescita demografica. Solo la nostra specie non lo fa. In questo modo, si può dire che collettivamente ci stiamo comportando contro natura e la natura dovrà prima o poi tenerne conto. In quanto scimmie, il nostro posto dovrebbe essere alla base della piramide ecologica, da consumatori primari, al pari delle mucche, e dovremmo quindi nutrirci di piante, ma in pratica ci stiamo comportando come superpredatori, al pari dei lupi. Ci poniamo arbitrariamente al vertice della suddetta piramide, con buona probabilità, anzi con la certezza, di farla alla fine collassare.
All'epoca del nostro autore misterioso, la sovrappopolazione mondiale non costituiva un problema, tanto è vero che egli si preoccupa della fine delle patrie nazionali e dell'avvento dell'individualismo. La rivoluzione industriale, che ha portato al benessere generalizzato della popolazione, minando al contempo la salubrità dell'ambiente, era appena agli inizi, altrimenti il Nostro avrebbe posto altri problemi in cima alle sue preoccupazioni, visto che oltre che filosofo era un esteta. Poeti ed esteti hanno una visione più lucida della realtà, rispetto ai comuni mortali, ma le conseguenze di una crescita economica contro natura non erano ai suoi occhi ancora visibili. Lo sarebbero diventate un secolo più tardi, così che autori come Roberto Vacca, successivo a Malaparte, avrebbero potuto scrivere “Il Medioevo prossimo venturo”. Anche qui emerge il senso di punizione inevitabile consequenziale alla colpa del nostro andare contro natura, sia come individui sia come specie.
Concludendo, l'omosessualità e l'uso dell'artificiale tecnologia moderna sono contro natura, ma si configurano come peccati veniali, mentre la crescita geometrica degli esseri umani e l'ingannevole progetto di nuovo ordine mondiale sono peccati capitali. Che gli uomini possano vivere percependo l'intero mondo come fosse la propria patria non ci credeva nemmeno lui, il nostro misterioso autore, quel Giacomo Leopardi passato alla storia più come poeta che non come sociologo. Eppure è dal paragrafo 149 dello Zibaldone, datato 3 luglio 1820, che ho tratto la citazione iniziale. Non l'avreste mai immaginato, vero?