ANCORA UNA VOLTA MARX CONTRO KEYNES
di Lorenzo Mortara
Non c'è scampo, non fai tempo a leggere un post decente sul debito, per esempio quelli ottimi del compagno Palermo, che subito interviene il neokeynesiano a protestare.
Non servono le tasse, dice la cantilena, lo Stato può tranquillamente finanziare il deficit stampando dal nulla la sua moneta, se solo questo sciagurato non si fosse fatto scippare la sovranità monetaria. Tale teoria, ammesso si possa annoverare tra le teorie, è veicolata con tale sicumera e violento sprezzo dei poveri ignoranti che anche noi vecchi dogmatici marxisti, che credevamo di aver ormai acquisito i diritti d’autore per le polemiche al vetriolo, al cospetto dei keynesiani odierni, dobbiamo ammettere di essere ridotti ormai a roba da libro Cuore.
Stupisce tanta sicumera, tanto più che non serve leggere né Marx né nessun altro per scorgervi dietro, più che l’aggiornamento di Keynes, la riedizione ancora più comica della truffa del Gatto e la Volpe nella favola di Pinocchio. Lo Stato è la pianta che fa crescere i soldi, e più che la sovranità, dovremmo recuperare l’infanzia per tornare a credere alle favole di Collodi.
Lo Stato in questione qui, è lo Stato Dio, al di sopra di tutti, perché ignorando totalmente l’esistenza delle classi sociali, non ci si immagina neppure che lo Stato sia molto più terra terra e sia cioè uno Stato di classe, borghese e capitalista. E in fondo tutti gli errori dei nuovi fanatici di Keynes discendono da qui.
Tuttavia, tralasciando per un attimo un piccolo, gigantesco dettaglio come questo, in termini di economia marxista, cioè di “economia reale”, dell’unica teoria economica capace di spiegare la realtà, che significa creare dal nulla la moneta?
Sanno anche i sassi borghesi, da Smith a Ricardo passando per Mill attraverso Walras e Pareto fino ad arrivare a Lord Keynes, che la ricchezza di una nazione non sta nella moneta ma nei beni e nelle cose comode che possiede. Stampare dal nulla moneta, in effetti, altro non vuol dire che produrre dal nulla beni e cose comode, cioè merci e manufatti. E per la verità qualunque banca può farlo stampando il finanziamento necessario. Se non fosse per un altro piccolo, gigantesco particolare, che una volta “stampati” beni e cose comode, cioè merci, vanno venduti e ritrasformati in denaro perché nell'economia capitalistica la ricchezza si realizza al mercato tramite libero scambio. E siccome l’attuale mercato è intasato in Italia come in Europa come nel resto del mondo, nessuna banca si azzarda a “stampare” merci che resterebbero invendute.
Inoltre le teste pensanti dell’economia politica ignorano che dietro la ricchezza delle nazioni ci sia solo la ricchezza della nazione borghese, perché all'altra classe, quella salariata al minimo della sopravvivenza, di questa ricchezza entrano in tasca solo le briciole. Ignorano cioè il carattere contraddittorio dell’economia capitalistica che crea una ricchezza sociale sempre più grande, strozzata però dall'accaparramento privato in poche mani.
Ma se la loro testa l’ignora, non così le loro azioni. Quando per questa contraddizione l’economia borghese entra in stallo, perché le troppe merci non trovano sul mercato chi le ricompri, impedendo la chiusura del ciclo di valorizzazione, banche ed economisti vanno in soccorso della ricchezza delle nazioni, cioè del profitto. Ecco allora che stampano il profitto mancato degli investimenti in perdita. Perché il carattere dualistico dell’economia borghese, anche per quanto riguarda lo stampare moneta, si riduce al dilemma: stampare moneta-profitto, o moneta-salario? Una campa sull’altra, stampare moneta-profitto comporta aumento del debito e prelievo forzoso dei salari tramite tasse, oggi chiamate politiche di austerità. Stampare moneta-profitto, significa mandare al macero moneta-salario, stamparne di meno. Quando i novelli nipoti di Keynes vorrebbero risolvere i problemi stampando moneta, stanno tentando di dire che bisognerebbe stampare moneta-salario. Non lo dicono chiaramente perché per loro moneta-salario e moneta-profitto, cioè le classi sociali, sono una stessa indistinta cosa, sostenuta dallo Stato interclassista stampatore. Per loro lo Stato stampatore dovrebbe stampare sia moneta-profitto, sia moneta-salario e aprire, poniamo, una fabbrica, il che allo stato attuale di crisi del sistema, significa solo stampare e riprodurre all'infinito la contraddizione che l’ha messo in stallo.
Solo stampando moneta-salario l’economia capitalistica respirerebbe, ma lo stampaggio di moneta-salario, ridurrebbe immediatamente la moneta-profitto, creando un ciclo di vendita di merci che per banchieri e padroni è inutile.
«Che me ne frega di vendere le merci, se alla fine ci guadagna l’operaio?» Così pensano padroni e borghesi. E pensano bene dal loro punto di vista. Perciò Fondo Monetario e Unione Europea chiudono le stamperie di moneta-salario o le convertono in nuove stamperie di moneta-profitto e le fanno funzionare a pieno regime. Perché per colmare i profitti mancati, non hanno altra strada che stampare moneta-profitto, prelevando forzosamente dai salari parte di quello che a loro manca, scaricando sul debito pubblico, cioè sul deficit di profitto, il resto del problema e innalzando la bolla speculativa dei mercati borsistici inondati di profitti fittizi. Tale bolla, dovrà prima o poi trovare il corrispettivo nella vendita materiale di beni e cose comode o servizi, pena lo scoppiare e ripresentarsi del medesimo problema su scala ancora più grande.
Così funziona l’economia capitalistica e così sempre funzionerà. Nessuno Stato stampatore potrà mai cambiarne il carattere contraddittorio. A meno che lo Stato stampatore non sia uno “Stato Comunista”, uno Stato cioè che espropriando banchieri e padroni, pianificando l’economia, abbia sostituito un modo di produzione ormai marcio, quello capitalistico, con l’unico modello alternativo, quello collettivistico. Ma è proprio qui il punto, lo Stato stampatore dei novelli keynesiani, sempre Stato capitalistico resta, perché l’economia che loro vogliono risollevare è quella del Capitale. E c’è un unico modo per risollevare l’economia del Capitale, aumentare il Capitale, cioè il profitto, quello che stan tentando di fare tutti i Draghi del mondo. E che faranno anche i neokeynesiani, perché se oggi possono parlare per tutti, è solo perché non sono al potere. Quando ci arriveranno, se ci arriveranno, il voler stare in mezzo a due parti, Capitale e Forza-Lavoro, che non sono uguali tra loro, li farà pendere e travolgere da quella più forte. E non abbiamo certo bisogno di dire quale delle due lo sia...
Stazione dei Celti
Gennaio 2018