Italiani che all'estero devono sempre farsi riconoscere


Cosa pensereste se foste un meccanico, qualcuno venisse da voi per farsi aggiustare la macchina e, dopo avergliela aggiustata, vi dicesse: “Tu non sei un bravo meccanico e io non ti pago!”. Cosa pensereste se foste un medico, qualcuno venisse da voi per una visita e, dopo averlo visitato e avergli prescritto le medicine da prendere vi dicesse: “Tu non sei un bravo medico e io non ti pago!”. Probabilmente, chiamereste i carabinieri. Ebbene, questo è esattamente ciò che è successo sabato 27 agosto a Tina, mia moglie, nonché guida turistica in Madagascar. Che il mondo sia pieno di truffatori e furbetti ce ne siamo tutti accorti e i telegiornali s'incaricano quotidianamente di ricordarcelo. Che gli italiani all'estero debbano sempre farsi riconoscere e che l'appellativo più carino di cui gli stranieri ci fregiano sia “mafiosi”, anche questo lo sapevamo, ma quando capita veramente a noi, dopo che le notizie ci hanno abituato a pensare che gli imbrogli e le truffe capitino agli altri, si rimane male.



Io ci sono rimasto male, pur non essendo stato presente, ma avendo coordinato il viaggio dei tre clienti disonesti dall'Italia, preparando un programma di viaggio (modificato poi in corso d'opera) e un preventivo spese (sforato perché gli interessati hanno scelto gli alberghi più costosi). Quest'ultimo punto, questa loro brama di alloggiare nel lusso, mi ricorda quei tizi che, seduti al ristorante, si rimpinzano di ogni leccornia costosa e poi escono senza pagare, magari inseguiti dai camerieri. Ecco, con Tina hanno fatto la stessa cosa: hanno voluto passare la notte in alberghi da 160.000 ariary (48 euro) anziché 35.000 come gli avevo suggerito io (10 euro) e poi, l'ultimo giorno, quando si trattava di dare la giusta e concordata mercede a Tina che li aveva accompagnati per una settimana, si rifiutavano di pagarla. Tina ha dovuto minacciare di chiamare i poliziotti e solo così, di fronte alla prospettiva di concludere in prigione l'ultima parte della loro vacanza, hanno allentato i cordoni della borsa.

Io trovo tutto questo meschino e squallido. Lo trovo anche frustrante. Per dieci anni ho cercato di far capire a Tina che non si devono tirare sassi ai cani e poi a Mangily vediamo un tale di nome Romualdo, ivi residente, che fa esattamente quello con un cane in spiaggia. Per dieci anni ho cercato di far capire a Tina che il tempo degli atri è prezioso come il nostro e chi svolge un servizio va pagato e poi ci capitano tre romanacci, due uomini e una donna che, dopo averci contattato per richiedere il nostro servizio di guida e interprete, fanno orecchie da mercante quando è il momento di pagare. Ciò sottende un tacito insulto perché sarebbe come dire: “Tu sei al nostro servizio come schiavo, il tuo tempo non ha valore e noi ti diamo metaforicamente un calcio in culo perché sei una merdaccia”. Fantozzi ne sa qualcosa.

Qui s'impongono due gravi ragionamenti, uno di natura concettuale e l'altro pragmatica. Il primo concerne quella recente filosofia di genere New Age che ha preso piede in certi ambienti e in certe persone da me frequentate e che, sulla base del fatto che le parole (il Logos) hanno il potere di creare la realtà, anche solo parlando di questi eventi negativi gli si fa un favore e si pongono le basi perché succedano di nuovo. Della serie: ottimisti a tutti i costi, per scelta filosofica di vita, fino a quando il boia non lascia cadere la ghigliottina sul nostro collo. Secondo tale modo di ragionare, poiché ne sto scrivendo qui, ora, sono io che creo gli eventi negativi che mi hanno portato ad incontrare Alessandro, Roni e Clotilde e che mi faranno incontrare anche in futuro individui della stessa risma.

Io invece penso che costoro già esistessero da qualche parte nel mondo, non siamo stati né Tina né io a crearli e in questo momento sto solo descrivendo fatti avvenuti che sarebbe stato meglio per tutti non si fossero verificati. La genesi della formazione di persone che vivono senza rispetto per il prossimo – o tendono a farlo – è fenomeno con cui non ho niente a che spartire perché l'onestà e la correttezza sono due cose che mi vanto modestamente di avere, nel limite dell'umanamente possibile, salvo cioè quelle scorrettezze dovute a debolezza fisica e mentale. Mai nella vita ho architettato danni a terzi, a meno che non si sia trattato di esseri abietti come cacciatori, allevatori, macellai e vivisettori. Onoro sempre gli appuntamenti, il tempo degli altri è sacro quanto il mio e le promesse sono debiti, per me.

Il tempo è l'unica cosa che realmente possediamo nella vita e far lavorare giovani gratuitamente, com'è successo all'EXPO, o far lavorare la cosiddetta mano d'opera, africana o bianca, per pochi spiccioli, come i banchieri sionisti e mondialisti vorrebbero fare, significa rubare tempo alle persone e quindi vita. Io questo lo capisco e anche i miei lettori sanno quanto ciò sia vero, ma c'è un sacco di gente in giro che pensa infantilmente di essere al centro dell'universo e anzi si fa un punto d'onore di fregare il prossimo, con l'aggiunta di un pizzico di razzismo, in questo caso, visto che Tina è una donna di colore mentre loro erano tre esponenti della superiore razza bianca. O forse, il razzismo non c'entra niente e quei tre erano solo squallidi approfittatori. Alla fine, dietro la minaccia di seccature con la polizia malgascia, il capo gruppo ha pagato Tina per 7 giorni anziché per i 10 concordati e non ha elargito alcuna mancia, cosa che in Madagascar, ma penso anche negli altri paesi poveri che basano la propria economia sul turismo, sia un'istituzione assodata, indiscutibile e irrinunciabile.


La seconda grave considerazione riguarda il metodo. Se, alla luce di questa recente disavventura, la formula di pagamento: “10 euro al giorno + vitto, alloggio e spese di trasporto” si è rivelata inadeguata, sto pensando che sarebbe meglio sostituirla con la seguente: “40 euro al giorno senza ulteriori spese, ma con anticipo obbligatorio e rimborso fisso di 100 euro per le spese di viaggio Tulear/Antananarivo e ritorno”. In altre parole, Tina non si farà pagare dai clienti la camera d'hotel, né i pasti al ristorante, perché è compreso nel prezzo della sua mercede. Se i clienti vorranno averla al loro tavolo durante i pasti, pagandole il conto, saranno loro a decidere sulla base della loro generosità, ma non saranno obbligati a farlo. Idem con il conto delle camere d'albergo: se il cliente vorrà andare in un hotel a cinque stelle sarà libero di farlo, ma Tina andrà in quelli a una stella nella stessa località, rimanendo a disposizione in caso di bisogno. A tal uopo, gli forniremo un cellulare per chiamarla in caso d'emergenza.


Quando mi chiamò al telefono prima della loro partenza, ad Alessandro avevo chiesto di spedire a Tina venti o trenta euro per il viaggio di andata fino alla capitale, ma il tizio mi aveva risposto che avevano incontrato troppe guide disoneste che poi non si erano presentate all'appuntamento, così sorvolai su questo punto e Tina anticipò di tasca sua le spese di trasporto. Questo non succederà più. Se non ci sarà il previo versamento di una caparra, il servizio non verrà prestato, dal momento che se è vero che al mondo esistono guide che si intascano i soldi senza poi presentarsi all'appuntamento all'aeroporto, ora sappiamo che esistono anche clienti che tradiscono la fiducia del prestatore d'opera cercando alla fine di non pagarlo. Se il denaro è lo sterco del diavolo, i disonesti ne sono gli stronzi.

[N.d.R. Le foto, tranne Fantozzi ed Expo, sono di Clotilde, che ringrazio]


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