In Italia c’è un problema di suicidi tra i giovani? Il dibattito sul tema è esploso nelle ultime settimane, favorito dai suicidi di due ragazzi. Ebbene, guardando indietro agli ultimi quarant’anni, si può dire che in Italia se c’è stato un aumento della tendenza da parte dei “giovani” (intesi come maschi e femmine compresi tra i 15 e i 34 anni di età) a togliersi la vita, questo è stato molto contenuto.
I numeri dell’Istituto nazionale di statistica ci dicono che dagli anni Settanta a oggi - nonostante l’aumento degli impieghi precari e in certi periodi dell’uso di droghe - il numero dei giovani che si sono tolti la vita ha conosciuto oscillazioni fisiologiche e davvero poco significative: anche scomponendo, come fa l’Istat, in quattro diverse fasce di età (15-19; 20-24; 25-29; 30-34), il grafico mostra un lieve aumento tra il 1970 e il 1990 e una lieve discesa nel ventennio successivo. Con numeri assoluti troppo piccoli per individuare un vero fenomeno, una tendenza netta. I dati dell’Istat mostrano anche che al Nord la mortalità per suicidio è più alta che nel centro, al sud e sulle isole, e che l’Italia è tra i Paesi Ocse con i livelli più bassi.
Facendo un’analisi un po’ più sottile si nota però che un piccolo aumento c’è stato perché in questi 40 anni in Italia la popolazione giovanile è diminuita. Calcolando il numero dei suicidi tra i giovani tra i 15 e i 25 anni nel 1971 e nel 2011, si nota che, in rapporto a una popolazione calata di circa il 30 per cento in quella fascia di età, c’è stato un aumento percentuale dei suicidi di circa il 10 per cento. E il dato non cambia se si considerano i due decenni nel loro complesso. Un aumento non catastrofico, certo. Ma comunque una crescita preoccupante. Perché ogni vita ha un valore inestimabile.
Pagina 99, 25 febbraio 2017