Jumanji | Rinoceronti travolgono Genova Voltri


- del Guardiano del Faro -

VOLTRI - Questo azzardo voleva probabilmente rappresentare l'ennesimo gioco cerebrale dell'Avvocato. Ci sto. Ma questo wine & food game, dichiarato come Gioco dell' Oca Farcita poteva veramente finire nella cronaca al sangue.

Non un evento GDF ma un GOF che secondo The Wine Advocate avrebbe potuto diventare un food soft game grazie ad un giro di dadi,  fatto però di troppi tappi secchi e rotti, che nel mezzo del cammino ci tirano dentro in un altro Jumanji.

Li ho visti passare attraverso i vetri dei vuoti delle bottiglie dell'Amarone di Dal Forno, erano almeno in 5 le bottiglie rinoceronte,  più un'altra mezza dozzina di magnum, più grosse ma ben più agili di un elefante.

Diverso dal rinoceronte piemontese -Rivetti- che tutto sommato, parlandogli lo stesso dialetto mio lo tieni a bada, il rinoceronte veneto non ha proprietà di linguaggio che distingua le singole dalle doppie, quindi non lo fermi con un colpo di dadi e, neanche di dardi. Ti travolge e basta se non lo schivi un secondo prima che ti faccia fuori.

Come si dice su Wikipedia, un rinoceronte lo riconosci ad occhio prima ancora che al naso.


E passi il casello il '93, che si ferma dalle parti dei 15 gradi della Riviera d'inverno, ma non credo sia la gradazione la causa degli stati di allucinazione che leggo negli occhi di chi mi circonda.

Sarà probabilmente -credo- il residuo zuccherino in un vino secco a causare i pesanti effetti collaterali che vedo venire fuori dalle rughe dei commensali deformati.

Nel caso del '98, si somma -il citato residuo- ad una gradazione degna di un Porto che non vedi mai arrivare all'orizzonte.

State a galla fin che potete.

Un vino deviante, secco ma in fondo dolce e, che manda i 10 commensali un po' in acido.

Passato l'effetto iniziale di euforia ecco la caduta verticale dei pensieri e dei muscoli del viso.

Tappi secchi, discorsi demenziali - ma fin lì ci arrivo- incollati non solo al collo della bottiglie, in uno sbriciolamento di personalità che man mano si alienano lungo una sciarpa di seta che che cerca un appiglio, qualsiasi.

Non troverò mai un senso per questo vino, salvo in questa piazza di Imperia, che intravedo di ritorno, quando ormai l'Aurelia mi sembra tutta un rettilineo.



Ecco, questa è roba buona, tutti magnum di roba buona o diversamente buona, a partire da un rustico Barbaresco dei Produttori 1999 dall'evoluzione piuttosto accentuata. Rossignol Trapet 2007 sta trovando finalmente una strada da cui uscirne senza quei sentori verdi che ne hanno caratterizzato la gioventù, mentre l'opera unica di Pacalet (Clos de Bèze 2009 in magnum), rimane un vino magari cortino in bocca ma di una piacevolezza straordinaria.


Mais, oui, je suis blanchiste. Questo si che lascia il segno e all'unanimità si guadagna il titolo di vino del giorno, in mezzo a tutti quei rossi costosissimi ma lontani dalla complessità di un Corton Charlemagne di questa classe, haut de gamme.

Oggi niente pesce. Il gioco dell'oca parte però da una testa in cassetta, un salame di vacca lardellato e da un soprendente salame crudo del più profondo chiavarese. 

Caspita, gran cru 100% pinot noir a Verzenay. Sui 25 euro. Rapporto q/p straordinario 

Il servizio dell'olio di Oliena 

Piccante e stimolante. Buonissima questa salsiccia che il Cannavino serve alla sua maniera, con puntarelle e catalogna. Sapido, dolce, amaro, piccante. Rusticamente piacevole 

L'ormai collaudata compressione di terra. Personale, identificativa con la terra. Tanta roba per un cuoco da mareggiate. Adesso però arriva il piccione di Greppi in tre servizi.

Royale gelatinata con tartare di petto di piccione ... Lopriore, esci subito dal corpo di Davide! 

Bene, se ne è andato. Ottimi i ravioli di piccione (usando le cosce immagino) nel suo fondo.  

 Estremo -nella cottura- il petto sanguinante con cubo di foie gras e radicchio alla piastra. Estremo ma coerente con l'idea di cucina di Davide Cannavino

Questa solo su ordinazione: L'oca ripiena, veramente buona. Farcia invernale ... castagne ecc ...  esterno croccante, interno morbido, farcia avvolgente e salsa ben presente, e servita giustamente anche a parte, in osservanza della famosa legge dei due terzi di salsa sopra ad un terzo di carne.

 Ne resta poca attaccata all'osso
Da qui in poi, causa Amarone Dal Forno 1998 si aprono le sinapsi e si perde il controllo della messa a fuoco. Rimarrà il ricordo del Corton Charlemagne 2008 di Bonneau du Martray e l'intenzione di cambiare il senso di queste giornate, da alternare per modi e luoghi. Grazie a tutti e alla prossima, magari con un galletto dal Giuse e una riga di Rodano, da nord a sud, che ne modifichi il senso e non i lineamenti. 




gdf


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