I social rovinano gli adolescenti
Fonte: Giuliana Covella da Metropolis
Napoli - Tutto per farsi "vedere". Per mostrare probabilmente il proprio atto di coraggio. Quello che a 13 anni ha più il sapore di inconsapevolezza, spensieratezza, ingenuità. Sì, perché l'ingenuità non può non essere una costante nella personalità di minorenni che non hanno ancora - si sa - la giusta dose d'intelletto per comprendere la pericolosità di un gesto simile. E' sabato sera. Sono da poco passate le 20. Antonio (il nome è di fantasia, ndr) ha 13 anni. E' in casa degli zii a Mugnano, dove è stato accompagnato dai genitori per trascorrere qualche ora in compagnia del cugino più piccolo, che di anni ne ha appena 10. I due bambini giocano, ridono, si divertono. Fino a quando decidono di dare libero sfogo all'immaginazione. A qualcosa che, forse, avranno visto alla televisione. Ma chi potrebbe dir lo? l n si eme si spostano da una stanza al bagno. Il più grande, Antonio, propone un gioco "particolare" e "inusuale" al cuginetto: simulare un suicidio e pubblicare subito dopo uno scatto su Facebook. Così dalle parole e soprattutto dall'immaginazione i due ragazzini passano ai fatti. Il più grande afferra la cintura di un accappatoio e se la stringe intorno al collo.
Dopo di che si arrampica fin sopra il vano doccia per agganciare il cappio dalla parte opposta e assicurarsi che tutto vada per il verso giusto. Dal canto suo il più piccolo dei due non avrebbe dovuto fare altro che immortalare con il telefonino il gesto "eroico" e postarlo sulla pagina Facebook del cugino. «Così vediamo come reagiscono ¡ miei amici», avrebbe più o meno detto Antonio all'altro bambino. Un pericolosissimo gioco fatto per postare una foto su uno dei tanti social network, che solo per fortuna non è finito in tragedia. Protagonista è stato un 13enne di Mugnano in provincia di Napoli, che ora è ricoverato in condizioni gravissime all'ospedale San Giuliano di Giugliano in Campania. Tutto questo dopo essersi stretto la cinta di un accappatoio al collo, quasi fosse un gioco come tanti. Il fatto è avvenuto, nella prima serata di sabato, in casa di alcuni parenti, nel comune alle porte di Napoli. Il ragazzo, secondo quanto finora ricostruito dai carabinieri che stanno indagando sul caso, non si sarebbe riuscito a liberare da solo ed aveva iniziato a sentirsi male. Provvidenziale è stato l'intervento di una zia: questa, infatti, dopo aver sentito le urla, è accorsa immediatamente in bagno ed ha allentato iI cappio. Un episodio che getta nuovamente una luce negativa e critica sull'uso dei social network e sull'effetto talvolta devastante che ne scaturisce. Tanti gli interrogativi che verrebbero da porsi in casi come questo: perché mai un ragazzino di 13 anni decide di simulare un suicidio come fosse un "gioco"? E perché lo fa utilizzando una forma ancor più macabra come un'impiccagione? Ha visto forse la scena in tv? In rete? Sul telefonino di altri coetanei? A questa e ad altre domande tenteranno di dare una risposta gli investigatori che hanno avviato le indagini per ricostruire la dinamica dei fatti. Resta intanto elevato il numero dei casi in cui sono assolutamente deleteri gli effetti dei social su chi vi è iscritto. Tutti ricordano il caso di Tiziana Cantone, la ragazza che dopo la diffusione di un video hot con un ragazzo, si tolse la vita per la vergogna. Un caso che ha rimesso in discussione la questione dell'uso indiscriminato dei nuovi mezzi di comunicazione virtuale, i cui post diventano virali e creano non pochi pericoli dentro e fuori la rete. Un caso che tuttavia rischia di non aver insegnato nulla a chi usa i vari Fb, Twitter e whatsapp. I video hard finiti in rete sarebbero stati pubblicati dalla stessa Cantone e dal fidanzato. È questa la convinzione dei pm che indagano sul suicidio della 29enne e sulla quale poggia la richiesta di archiviazione del procedimento contro i quattro ragazzi che, secondo la vittima, sarebbero colpevoli di aver messo online quei filmati. Il pm Alessandro Milita scrive infatti che «Tiziana risulta, per confessione stragiudiziale resa alla madre, responsabile della originaria diffusione dei video su whatsapp, avendo coperto il principale sospettato e probabile responsabile: il fidanzato Sergio Di Palo, mai querelato, ma vi è l'elevata probabilità che lo stesso, visto il comportamento della Cantone di evitare di includerlo fra i detentori del filmato, avesse agito d'intenzione».
Fonte: Giuliana Covella da Metropolis
Napoli - Tutto per farsi "vedere". Per mostrare probabilmente il proprio atto di coraggio. Quello che a 13 anni ha più il sapore di inconsapevolezza, spensieratezza, ingenuità. Sì, perché l'ingenuità non può non essere una costante nella personalità di minorenni che non hanno ancora - si sa - la giusta dose d'intelletto per comprendere la pericolosità di un gesto simile. E' sabato sera. Sono da poco passate le 20. Antonio (il nome è di fantasia, ndr) ha 13 anni. E' in casa degli zii a Mugnano, dove è stato accompagnato dai genitori per trascorrere qualche ora in compagnia del cugino più piccolo, che di anni ne ha appena 10. I due bambini giocano, ridono, si divertono. Fino a quando decidono di dare libero sfogo all'immaginazione. A qualcosa che, forse, avranno visto alla televisione. Ma chi potrebbe dir lo? l n si eme si spostano da una stanza al bagno. Il più grande, Antonio, propone un gioco "particolare" e "inusuale" al cuginetto: simulare un suicidio e pubblicare subito dopo uno scatto su Facebook. Così dalle parole e soprattutto dall'immaginazione i due ragazzini passano ai fatti. Il più grande afferra la cintura di un accappatoio e se la stringe intorno al collo.
Dopo di che si arrampica fin sopra il vano doccia per agganciare il cappio dalla parte opposta e assicurarsi che tutto vada per il verso giusto. Dal canto suo il più piccolo dei due non avrebbe dovuto fare altro che immortalare con il telefonino il gesto "eroico" e postarlo sulla pagina Facebook del cugino. «Così vediamo come reagiscono ¡ miei amici», avrebbe più o meno detto Antonio all'altro bambino. Un pericolosissimo gioco fatto per postare una foto su uno dei tanti social network, che solo per fortuna non è finito in tragedia. Protagonista è stato un 13enne di Mugnano in provincia di Napoli, che ora è ricoverato in condizioni gravissime all'ospedale San Giuliano di Giugliano in Campania. Tutto questo dopo essersi stretto la cinta di un accappatoio al collo, quasi fosse un gioco come tanti. Il fatto è avvenuto, nella prima serata di sabato, in casa di alcuni parenti, nel comune alle porte di Napoli. Il ragazzo, secondo quanto finora ricostruito dai carabinieri che stanno indagando sul caso, non si sarebbe riuscito a liberare da solo ed aveva iniziato a sentirsi male. Provvidenziale è stato l'intervento di una zia: questa, infatti, dopo aver sentito le urla, è accorsa immediatamente in bagno ed ha allentato iI cappio. Un episodio che getta nuovamente una luce negativa e critica sull'uso dei social network e sull'effetto talvolta devastante che ne scaturisce. Tanti gli interrogativi che verrebbero da porsi in casi come questo: perché mai un ragazzino di 13 anni decide di simulare un suicidio come fosse un "gioco"? E perché lo fa utilizzando una forma ancor più macabra come un'impiccagione? Ha visto forse la scena in tv? In rete? Sul telefonino di altri coetanei? A questa e ad altre domande tenteranno di dare una risposta gli investigatori che hanno avviato le indagini per ricostruire la dinamica dei fatti. Resta intanto elevato il numero dei casi in cui sono assolutamente deleteri gli effetti dei social su chi vi è iscritto. Tutti ricordano il caso di Tiziana Cantone, la ragazza che dopo la diffusione di un video hot con un ragazzo, si tolse la vita per la vergogna. Un caso che ha rimesso in discussione la questione dell'uso indiscriminato dei nuovi mezzi di comunicazione virtuale, i cui post diventano virali e creano non pochi pericoli dentro e fuori la rete. Un caso che tuttavia rischia di non aver insegnato nulla a chi usa i vari Fb, Twitter e whatsapp. I video hard finiti in rete sarebbero stati pubblicati dalla stessa Cantone e dal fidanzato. È questa la convinzione dei pm che indagano sul suicidio della 29enne e sulla quale poggia la richiesta di archiviazione del procedimento contro i quattro ragazzi che, secondo la vittima, sarebbero colpevoli di aver messo online quei filmati. Il pm Alessandro Milita scrive infatti che «Tiziana risulta, per confessione stragiudiziale resa alla madre, responsabile della originaria diffusione dei video su whatsapp, avendo coperto il principale sospettato e probabile responsabile: il fidanzato Sergio Di Palo, mai querelato, ma vi è l'elevata probabilità che lo stesso, visto il comportamento della Cantone di evitare di includerlo fra i detentori del filmato, avesse agito d'intenzione».