La Paranza dei Bambini, teatro che resta dentro. Forza dello spettacolo in ironia e taglio pregno di sfumature realistiche

paranza-bambini-teatro-spettacolo-ironia
NAPOLI - "La Paranza dei Bambini", di Roberto Saviano e Mario Gelardi, al Nuovo Teatro Sanità. Dal 19 al 30 aprile 2017. “Paranza è il nome di barche che vanno a caccia di pesci da ingannare con la luce. Il nuovo sole è elettrico, la luce occupa l’acqua, ne prende possesso, e i pesci la cercano, le danno fiducia. Danno fiducia alla vita, si lanciano a bocche aperte governati dall’istinto”.

In anteprima nazionale, il Nuovo Teatro Sanità ha debuttato con la preziosa versione teatrale de  «La paranza dei bambini», tratto dal romanzo di Roberto Saviano. Una Coproduzione tra Mismaonda e Marche Teatro in collaborazione col Nuovo Teatro Sanità, in cui Mario Gelardi si conferma regista perché artista e pensatore. Siamo sui tetti di Napoli, o forse in un abisso marino, siamo spinti da un fondale scuro che converte il cielo con la terra.

Forcella è immaginata nei suggestivi chiarori elettrici di Paco Summonte, la regia di Gelardi prevede una scena costruita ad hoc da Armando Alovisi, che possa accogliere muscoli scattanti, ritmi e stati d’animo di 8 attori in scena. Tutto è pronto per il debutto nazionale a Spoleto, nel Festival dei Due Mondi, l'1 e 2 luglio 2017.

L’atmosfera sembra quasi quella di un fantasy, in cui Nicolas, interpretato da Riccardo Ciccarelli, convince senza eccedere,  sente il bene e i male pulsare in ogni gesto. Antimo Casertano è White, ci mostra la forza lasciando intuire le fragilità nei sottotesti emotivi, proprio come Carlo Geltrude nel ruolo di  Dentino. Personaggi, vestiti da 0770, come guerrieri medioevali, si inginocchiano di fronte al loro patto di fedeltà al branco.

Lo spettacolo arriva con sincerità, tutti sono dentro la storia, sempre. Briatò (Mariano Coletti),  Dragò (Enrico Maria Pacini),  Lollipop (Simone Fiorillo ), Drone  (Vincenzo Antonucci ), Cristian Fiorillo (Giampiero de Concilio).

Per Carlo Caracciolo una prova d’attore riuscita magnificamente: interpreta 4 personaggi, tra cui l’Arcangelo, boss agli arresti domiciliari, visto come un uomo semplice, malaticcio e anche simpatico: “Marajà spogliati, guaglio', chi cazzo ti sape!. Chi me lo dice che non tieni registratori, cimici e maronne...".

Sembra paradossale, ma la  forza dello spettacolo è proprio nell’ironia, nel taglio non naturalistico, ma pregno di sfumature realistiche. Le contraddizioni dell’animo umano vivono e crescono sulla scena e nei cuori degli interpreti, ecco perché ci si affeziona al Dumbo di Luigi Bignone, che altrimenti sarebbe solo la solita vittima sacrificale  del sistema. Tanti gli applausi per  la personalità di un lavoro che resta dentro.

Subscribe to receive free email updates: