La scuola dei disabili

Fonte: Toni Nocchetti da Il Corriere del Mezzogiorno

La telefonata di Ersilia mi arriva improvvisa di domenica, un genitore di un figlio disabile non può permettersi di distinguere i giorni di riposo da quelli di lavoro, e la sua richiesta mi coglie come sempre impreparato. Stefano frequenta il primo anno della primaria in una prestigiosa scuola di Napoli e la mamma mi racconta che il suo bambino ormai tutte le mattine da un mese si rifiuta di andare a scuola. Un bimbo disabile con limitazioni nel linguaggio utilizza anche altri canali di comunicazione per esprimersi: il suo piccolo tutte le mattine da un mese quando si trova sul punto di uscire da casa infatti si bagna volontariamente di pipì. Come accade in circostanze simili la richiesta dei genitori è sempre quella di trovare una via di uscita, una soluzione possibile, una speranza. Un genitore di un bimbo disabile non può concedersi il lusso di smettere di lottare, ed Ersilia lo sa bene. Per lei Stefano dovrebbe cambiare scuola ed insegnanti: il variegato mondo che lo circonda composto da terapeuti sembra non bastare più perché a scuola lui non vuole andare. E lo fa capire a sei anni con poche parole ed i suoi profondi occhi azzurri. Questo racconto forse introduce e rende chiaro più delle tabelle, delle cifre, dei fondi mai stanziati e delle leggi inattuate la precaria condizione degli alunni disabili nella scuola italiana. Modello pedagogico guardato e copiato in molti Paesi occidentali, la scuola dei disabili oggi segna tristemente il passo.
 
Eppure quando a metà degli anni '70 una classe politica di extraterrestri, se raffrontata a quella attuale, postulò la necessità abolire le classi differenziali la mamma di Stefano non era ancora nata. Il ricordo dei protagonisti di quel periodo della storia d'Italia oggi collide con quanto accade. Oggi la tentazione a dividere, a respingere, ad allontanare chi appare diverso da sé ha trovato un terreno di coltura fertile nella nostra società. E questo Stefano, bimbo autistico di 6 anni appena, lo sente e lo capisce meglio di tanti altri cosiddetti normali. Non è per caso che Miur ed enti locali continuano a rimbalzarsi l'onere del cosiddetto assistentato materiale degli alunni disabili ( accompagnarli in bagno, mangiare una merendina, spostarsi tra le aule) nonostante gli ennesimi ricorsi alle vie legali da parte delle famiglie. E i nostri politici? Le parole del priore di Barbiana don Lorenzo Milani rappresentano la migliore risposta a Stefano ed alla sua mamma : «Spesso gli amici mi chiedono come faccio a far scuola. Sbagliano la domanda, non dovrebbero occuparsi di come bisogna fare scuola, ma solo di come bisogna essere per poter fare scuola». Appunto, come bisognerebbe essere per poter fare scuola o come bisognerebbe essere per poter fare politica.

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