Assemblea Pd, manca il numero legale ma si discute su Listopoli. L'ex candidata si commuove. Bassolino lancia l'allarme: «Siamo sicuri che le tessere non siano false come le firme?»
Fonte: S.B. da Il Corriere del Mezzogiorno
Napoli - Qualcuno lo chiama già stallo alla messicana in salsa dem. «Mi dimetto io se ti dimetti tu», è il titolo di una giornata di assemblea del Pd alle prese con Listopoli, l'ennesima inchiesta giudiziaria, e anche l'ennesimo caso politico non gestito. Non c'è il numero legale: 48 delegati su 400. Dunque non si può insediare la commissione per il congresso. In due lasciano: Antonio Marrazzo dalla segreteria provinciale, Umberto De Gregorio dall'assemblea. Sono gli unici che lo fanno realmente. Altri l'annunciano. Come per esempio Mario Casillo, che nel riportare la sua intervista al Mattino, cinguetta: «Listopoli, il Pd avrebbe dovuto chiedere scusa. Tutti devono mettere a disposizione i propri incarichi, me per primo». Un modo per invitare Valente a fare un passo indietro. Ma arrivato al Ramada, e affrontato dalla parlamentare, gira le spalle e se ne va. Area riformista chiede la conta. Antonio Bassolino va al tavolo della presidenza: «Al di là del numero legale bisogna discutere. Fate continuare, altrimenti mi metto io al tavolo e faccio io l'assemblea». Non sarà l'unico intervento dell'ex governatore. Quando Aniello Esposito, detto Bobo, consigliere comunale che con Salvatore Madonna ha autenticato le firme della lista Napoli Vale dice «Durante le primarie sono stato convocato a Roma e mi hanno forzato a sostenere Valente e io che sono militante l'ho fatto», Bassolino dalle retrovie sbotta: «Che vergogna, lo sapevo, si sono venduti le primarie».
Il segretario provinciale Venanzio Carpentieri parla di «sciacalli» nel partito e fuori. Nicodemo risponde: «Meglio sciacallo che paguro o tasso». Marciano annuisce: «Sono uno sciacallo seriale visto che chiedo responsabilità da tempo». Lello Topo, gemello di Casillo e padre politico di Carpentieri: «Tutti vogliamo andare al congresso provinciale. Ma anche al regionale e al ricambio della governance di tutto il Pd. Altrimenti siamo morti». Andrea Cozzolino parla di un «infarto organizzativo, su cui il Pd deve fare chiarezza». Ma lo scontro è ancora tra Bassolino e Valente, tra il padre e l'ex figlioccia che ha incassato la solidarietà del vicesegretario nazionale Lorenzo Guerini. «Mi sarei aspettato di vedere una piena corresponsabilità del partito, mi sarei aspettato che Renzi, se fosse ancora quello che io ho votato, avesse chiamato Carpentieri dicendo "io sabato vengo in città" per assumersi con tutti la responsabilità per quello che è successo», attacca l'ex governatore. «Pensiamo di andare avanti in consiglio comunale e in città come se non fosse successo nulla? Siamo pazzi? Il Pd così finisce senza dignità. Non conosco Madonna ma dobbiamo aspettare che sia la Procura a fare indagini? Il partito ha chiamato le otto-dieci persone che hanno fatto le liste? Le hanno portate in una stanzetta chiedendo loro come sono andate le cose?». E su Guerini: «Ho letto che dice "saremo inflessibili", un linguaggio che mi ricorda "useremo il lanciafiamme". Vorrei che ci sia forte consapevolezza dello strazio di questi giorni. Organizziamo il congresso, apriamoci ad altre forze, ma stiamo attenti. Io non ne so nulla, ma per le tessere siamo sicuri che non siano come le firme false?». Infine critica l'assenza della segretaria regionale Tartaglione: «Mi sarei aspettato di vedere anche la segretaria che ci ha invitato a non usare solo Facebook. Quando mi invitano sono il primo ad arrivare e ascolto tutti e se me lo chiedono sono pronto ad andare ovunque, pure ad appendere i manifesti». Valente, con voce rotta, parla quasi alla fine della lunga seduta di autocoscienza collettiva: «È inutile dirvi che questa vicenda è penosa, sono stati i giorni più difficili del mio percorso politico. Non starò qui a raccontare in quali momenti mi sono sentita sola». E ancora: «Ho letto dichiarazioni che trovo ingiuste e attacchi più duri dal mio partito che da altri. Ci si dimette in un caso come questo se si pensa di non poter andare più a testa alta. Se me lo chiedesse il partito o il mio gruppo consiliare non esiterei a fare un passo indietro. Leggo del Pd che vuole ripartire, lo faccio con gli altri e prima degli altri, ma non se questo getta un'ombra sulla mia onestà. Ho agito con onore e rettitudine nei confronti del Pd e dei cittadini». E su Bassolino: «Ci sono state responsabilità enormi, in passato. Serve cautela da parte di chi per cose più grandi, anche dal punto di vista giudiziario, non ha fatto passi indietro». Tutti vogliono le dimissioni di qualcun altro. Ma nessuno che faccia un passo avanti, altro che indietro.
Fonte: S.B. da Il Corriere del Mezzogiorno
Napoli - Qualcuno lo chiama già stallo alla messicana in salsa dem. «Mi dimetto io se ti dimetti tu», è il titolo di una giornata di assemblea del Pd alle prese con Listopoli, l'ennesima inchiesta giudiziaria, e anche l'ennesimo caso politico non gestito. Non c'è il numero legale: 48 delegati su 400. Dunque non si può insediare la commissione per il congresso. In due lasciano: Antonio Marrazzo dalla segreteria provinciale, Umberto De Gregorio dall'assemblea. Sono gli unici che lo fanno realmente. Altri l'annunciano. Come per esempio Mario Casillo, che nel riportare la sua intervista al Mattino, cinguetta: «Listopoli, il Pd avrebbe dovuto chiedere scusa. Tutti devono mettere a disposizione i propri incarichi, me per primo». Un modo per invitare Valente a fare un passo indietro. Ma arrivato al Ramada, e affrontato dalla parlamentare, gira le spalle e se ne va. Area riformista chiede la conta. Antonio Bassolino va al tavolo della presidenza: «Al di là del numero legale bisogna discutere. Fate continuare, altrimenti mi metto io al tavolo e faccio io l'assemblea». Non sarà l'unico intervento dell'ex governatore. Quando Aniello Esposito, detto Bobo, consigliere comunale che con Salvatore Madonna ha autenticato le firme della lista Napoli Vale dice «Durante le primarie sono stato convocato a Roma e mi hanno forzato a sostenere Valente e io che sono militante l'ho fatto», Bassolino dalle retrovie sbotta: «Che vergogna, lo sapevo, si sono venduti le primarie».
Il segretario provinciale Venanzio Carpentieri parla di «sciacalli» nel partito e fuori. Nicodemo risponde: «Meglio sciacallo che paguro o tasso». Marciano annuisce: «Sono uno sciacallo seriale visto che chiedo responsabilità da tempo». Lello Topo, gemello di Casillo e padre politico di Carpentieri: «Tutti vogliamo andare al congresso provinciale. Ma anche al regionale e al ricambio della governance di tutto il Pd. Altrimenti siamo morti». Andrea Cozzolino parla di un «infarto organizzativo, su cui il Pd deve fare chiarezza». Ma lo scontro è ancora tra Bassolino e Valente, tra il padre e l'ex figlioccia che ha incassato la solidarietà del vicesegretario nazionale Lorenzo Guerini. «Mi sarei aspettato di vedere una piena corresponsabilità del partito, mi sarei aspettato che Renzi, se fosse ancora quello che io ho votato, avesse chiamato Carpentieri dicendo "io sabato vengo in città" per assumersi con tutti la responsabilità per quello che è successo», attacca l'ex governatore. «Pensiamo di andare avanti in consiglio comunale e in città come se non fosse successo nulla? Siamo pazzi? Il Pd così finisce senza dignità. Non conosco Madonna ma dobbiamo aspettare che sia la Procura a fare indagini? Il partito ha chiamato le otto-dieci persone che hanno fatto le liste? Le hanno portate in una stanzetta chiedendo loro come sono andate le cose?». E su Guerini: «Ho letto che dice "saremo inflessibili", un linguaggio che mi ricorda "useremo il lanciafiamme". Vorrei che ci sia forte consapevolezza dello strazio di questi giorni. Organizziamo il congresso, apriamoci ad altre forze, ma stiamo attenti. Io non ne so nulla, ma per le tessere siamo sicuri che non siano come le firme false?». Infine critica l'assenza della segretaria regionale Tartaglione: «Mi sarei aspettato di vedere anche la segretaria che ci ha invitato a non usare solo Facebook. Quando mi invitano sono il primo ad arrivare e ascolto tutti e se me lo chiedono sono pronto ad andare ovunque, pure ad appendere i manifesti». Valente, con voce rotta, parla quasi alla fine della lunga seduta di autocoscienza collettiva: «È inutile dirvi che questa vicenda è penosa, sono stati i giorni più difficili del mio percorso politico. Non starò qui a raccontare in quali momenti mi sono sentita sola». E ancora: «Ho letto dichiarazioni che trovo ingiuste e attacchi più duri dal mio partito che da altri. Ci si dimette in un caso come questo se si pensa di non poter andare più a testa alta. Se me lo chiedesse il partito o il mio gruppo consiliare non esiterei a fare un passo indietro. Leggo del Pd che vuole ripartire, lo faccio con gli altri e prima degli altri, ma non se questo getta un'ombra sulla mia onestà. Ho agito con onore e rettitudine nei confronti del Pd e dei cittadini». E su Bassolino: «Ci sono state responsabilità enormi, in passato. Serve cautela da parte di chi per cose più grandi, anche dal punto di vista giudiziario, non ha fatto passi indietro». Tutti vogliono le dimissioni di qualcun altro. Ma nessuno che faccia un passo avanti, altro che indietro.