NAPOLI - "I ciechi" di Maeterlinck a Sala Ichòs, dal 27 al 29 gennaio 2017. Napoli.
Dramma in prosa in un unico atto Les Aveugles ovvero I Ciechi di Maurice Maeterlinck, fu pubblicato a Bruxelles nel 1890 e rappresentato a Parigi l’11 settembre del 1891 al Théàtre d'Art di Paul Fort. Dal 27 al 29 gennaio, nella Sala Ichòs di Napoli, Massimo Finelli, si è assunto il rischio di dirigere una pièce simbolista che rallenti il respiro di chi accetta le sfide della riflessione.
“Mi sembra di sentire nelle mani il chiarore della luna”. Antonio Coppola, Giorgia Dell’Aversano, Giovanni Esposito, Michelangelo Esposito, Fabio Faliero, Valeria Impagliazzo, Lisa Imperatore, Vincenzo Liguori, Valentina Iniziato e Luigi Ventura, tentano di interpretare un gruppo di ciechi che brama punti di riferimento attraverso domande ripetitive che possano rassicurare l’attesa.
Evocativi “pupazzi mistici” come direbbe Artaud, in effetti si attende che qualcosa accada in quello che a tratti appare solo un esercizio di memoria. Per fortuna le comode parole, spesso recitose, vengono incorniciate e scomodate dalla voce fuori campo di Patrizia Eger che, forse perché anche aiuto regia, àncora il pubblico già dall’ingresso del teatro.
Senza proferire parola con nessuno, catalizza verso di sé i rumori che si percepiscono dal cuore del palco. La saletta di San Giovanni a Teduccio è perfetta per farsi attraversare da una situazione drammaturgica che vuole essere solo suggestione provocativa. Il pubblico resta interdetto, eppure discute lungamente su quanto non ha visto.
Di fatto, i tempi della contaminazione artistica sono giusti. Matematici. Le musiche originali di Duilio Meucci, la video proiezione girata all’ ex OPG di Napoli, scuotono dal torpore. Disegnato dalle luci ovattate di Cinzia Annunziata e Fabio Faliero, lo spettatore capisce di essere stato risucchiato dalla caverna platonica, di essere stato immobilizzato e abbagliato dall’oscurità.
Nel cervello restano frammenti di testo tratti da “Heroes. Suicidio e omicidi di massa” di Franco Bifo Berari: “Non siamo forse quotidianamente costretti a misurare il nostro stato d’animo con l’allegria aggressiva delle facce che compaiono negli spot pubblicitari?” I ciechi, noi cechi a cui “La solitudine digitale ha moltiplicato gli stimoli ed isolato i corpi”, non possiamo non apprezzare che quella di Finelli sia un’ interpretazione profonda, evidente e spietata, non possiamo non constatare con lui che “La speranza è l’ultimo inganno”.