Radio Babaky


Ieri, grazie a Radio Babaky, sono venuto a sapere quasi in tempo reale della morte di un giovane. Il ragazzo era deceduto mezzora prima e io già sapevo le modalità della sua morte, grazie all’irrefrenabile istinto di quelle che una volta si chiamavano comari e che oggi dispongono di una tecnologia che permette di fare pettegolezzi a grandi distanze. D’altra parte, siccome la società malgascia è strutturata sul modello della tribù, è anche normale che le donne si comunichino informazioni riguardanti la vita e la morte dei membri del proprio clan, e anche di quello degli altri, e, in ogni caso, il decesso di un giovane non può essere catalogato come semplice pettegolezzo poiché per i malgasci, i defunti, i “razana”, assumono notevole importanza, tanto da essere quasi oggetto di culto.




Il ragazzo, cuoco poco più che ventenne, figlio di un piroghiere di Mangily, camminava per la strada principale del villaggio, da poco asfaltata, quando è sopraggiunto un motociclista a tutta velocità. Detto per inciso, i controlli di polizia e gendarmeria vengono fatti reiteratamente entrando e uscendo dalle città, ma i limiti di velocità nel centro abitato, ammesso che ve ne siano, non vengono rispettati da nessuno e nessun poliziotto interviene. Dunque, il centauro impatta in pieno nel giovane pedone, lasciandolo a terra privo di sensi. Interviene la folla dei presenti, compreso il padre. Si trova una macchina disponibile. Si carica il ragazzo sulla vettura e si parte a tutta velocità verso l’ospedale cittadino, distante 27 chilometri. Arrivati a metà strada, il ragazzo, che evidentemente aveva delle emorragie interne, muore. Il padre decide di rientrare a Mangily. Io immagino quei concitati momenti in cui il padre e gli altri occupanti della macchina realizzano che ormai non c’è più niente da fare e, anziché terminare la corsa sperando in un miracolo o ufficializzando il decesso con un certificato secondo i metodi burocratici a cui noi siamo avvezzi, decide che l’unico posto dove condurre la salma fosse la sua stessa abitazione. Da noi, morti e moribondi sono presi in consegna dalle autorità e seguono le strade previste dalla legge, che offrono spazi limitati al cordoglio dei familiari. Qui, un padre, decide.




Tre giorni fa, sempre grazie a Radio Babaky, sono venuto a conoscenza, nel giro di poche ore, di un episodio di criminalità accaduto poco distante da Mangily e precisamente nel villaggio di Ifaty. Un meticcio Karana, la minoranza araba del Madagascar, che ricordo di aver incontrato anni fa, è stato ucciso nella sua abitazione da un “malaso”, quei malviventi che sempre più spesso, anziché usare le armi per intimidire le loro vittime facendosi consegnare il denaro, le usano subito, anche se il malcapitato non reagisce. La vittima trasportava passeggeri tra Tulear e Mangily con il suo pick up giallo. Nel corso della rapina, avvenuta in ore notturne, anche la madre ha ricevuto un colpo di pistola in testa, ma miracolosamente si è salvata. Ora è in ospedale e non in pericolo di vita. Dei banditi nessuna traccia, dal momento che a nessuno piace intervenire durante le sparatorie e i malgasci preferiscono linciare i banditi, o presunti tali, solo quando sono disarmati. Con i colpi sparati in aria, provocando il panico generale, i banditi si garantiscono una via di fuga sicura.




Questo è quanto sono venuto a sapere grazie alle telefonate che le comari, compresa Tina che funge da preziosa fonte, si scambiano in caso di fatti di sangue, emotivamente coinvolgenti. Del resto, a parte la musica ossessiva e le danze, i malgasci non hanno altre distrazioni e i programmi televisivi sono di scarsa qualità, sia sul piano tecnico che su quello culturale. La morte impera nell’immaginario collettivo.

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