Quando da qualche parte in Africa una gazzella si sveglia, sa che deve mettersi a correre perché capisce che se non lo fa è morta. Quando da qualche parte in Madagascar sento una gallina che starnazza di dolore, capisco che è arrivata la sua ora e che dopo un po’ sarà morta. Perciò, quando a Mangily ho visto Ely, figlio di Daholy e Mami, che correva dietro a un gallo, mi sono allarmato perché non vorrei mai che mi facessero assistere a scene di macellazione. In breve Ely è riuscito ad acchiapparlo, l’ha portato dentro una capanna e, una volta saputo che stava per dargli una medicina in quanto affetto da “rehoky”, catarro, l’ho seguito.
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In realtà, la medicina era solo miele, di cui evidentemente anche i malgasci conoscono le virtù terapeutiche e se si tratta di disturbi di gola, mi pare adatto. La quantità somministratagli è stata quella contenuta nel tappo di una bibita e gli è stata data con un cucchiaino. Particolare interessante: se per ipotesi io uso un cucchiaino per dar da mangiare a un cane, l’utensile diventa automaticamente “fady”, tabù, e non può più essere usato dagli umani. Il che significa che nella mentalità malgascia gli animali da carne e da reddito sono nobili e non contaminano gli esseri umani, mentre i parassiti pulciosi che in Occidente consideriamo animali d’affezione sono ignobili e repellenti. Non so se quel gallo guarirà dal catarro, cioè se farà in tempo a guarire prima di finire in pentola, ma anche se si è trattato di un intervento di veterinaria spicciola, quel povero animale spaventato è e rimarrà, insieme a tutti i suoi sfortunati simili, un condannato a morte su questo pianeta prigione ed Ely il suo momentaneo medico carcerario.