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Benedetto Migliaccio, Antonio Elefante e Gennaro Cinque |
Vico Equense - Una cosa importante è avvenuta due anni fa, grazie a sindaci e amministratori coraggiosi. Quando alle 13.48 del 30 novembre 2014, 1.200 microcariche di dinamite hanno abbattuto il “mostro di Alimuri”, tra Vico Equense e Meta, orrido scheletro di albergo abbandonato dal 1964, è stato un atto altamente simbolico. Gli ecomostri si possono abbattere. Il simbolo della cementificazione selvaggia, senza regole e senza rispetto per l’ambiente, è stato cancellato per sempre. Tra gli artefici di questa demolizione c’è Antonio Elefante, ingegnere ed ex assessore al Comune di Vico Equense, che quest’oggi ha scritto un post al vetriolo di risposta all’articolo pubblicato ieri da “Il Mattino”. “Fu un evento atteso e spettacolare – scrive Elefante - che diede lustro a Vico Equense e al Comune di Meta. Ho visto le immagini della demolizione sulle televisioni americane, su quella russa, su quella inglese e anche su quella giapponese. Molti sanno anche il merito del risultato fu attribuito al sottoscritto.” Nell’articolo de “Il Mattino”, si legge che dopo due anni dalla demolizione del rudere restano uno strascico giudiziario e tante macerie. La proprietà chiede che si dichiari l'irregolarità della demolizione per evitare di corrispondere al Comune di Vico Equense i circa 330 mila euro di spese per lo smantellamento. Così, a due anni di distanza, non è stata ancora vinta la battaglia contro il degrado e l'inquinamento. Le reti metalliche, conficcate nella scogliera, sono sventrate dal sole e dalla salsedine, i muraglioni sono ancora in piedi e impediscono al mare di rigenerarsi, tutt'intorno rifiuti e liquami.
“La demolizione dell’ ecomostro – risponde Elefante - è apparsa come una cosa inutile e sopratutto quella che oggi avrebbe generato una discarica e… tutto sommato... era meglio prima dove doveva sorgere un bellissimo albergo sul mare... adesso è bastato fotografare tre sacchetti e qualche bottiglia di plastica abbandonata fuori dal sito per dare una descrizione distorta e abbietta del fatto." L’Alimuri era una struttura di 18mila metri cubi realizzata in un'area di alto valore paesaggistico, destinata a diventare un albergo di lusso con 150 camere. Risale al novembre del ’63 l’autorizzazione ambientale rilasciata ai proprietari del suolo dalla Soprintendenza ai beni architettonici e paesaggistici. La licenza edilizia è arrivata l’anno successivo. Poi l’inizio dei lavori, a cui hanno fatto seguito sospensioni, ritardi fino ad arrivare allo stop definitivo. Lo scheletro di cemento è rimasto in uno dei più suggestivi angoli della penisola sorrentina per mezzo secolo. Molte sono state le strade intraprese negli anni per cancellare lo scempio; quella scelta dal Comune di Vico Equense è riuscita a dare alla storia Alimuri il giusto «the end».