Donald J. Trump diventa presidente degli Stati Uniti d’America. Attendiamo psicologi, psicoterapeuti, aggiungiamo anche i sociologi

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Donald J. Trump
ROMA - Ho visto all’opera Silvio Berlusconi e Romano Prodi (in pubblico e privato), ho assistito alle stragi di Capaci e Via d’Amelio, ho registrato mafia, camorra e ‘ndrangheta entrare in politica e nel grande evento Expo 2015. Ho riportato il meglio e il peggio di noi italiani in attività. Ho annotato un numero infinito di donne ammazzate “per amore, e con amore”. Siamo capaci di tutto, accettiamo tutto e di tutto.
Ci va bene così. Allora, io che sono un italiano, perché dovrei meravigliarmi se il finto repubblicano Donald J. Trump diventa presidente degli Stati Uniti d’America? No, io sono desto e resto desto. Alcuno stupore mi pervade.

In certi momenti della storia politica ed economica o politico-economica di una nazione-stato le cose vanno così come devono andare. Il popolo statunitense, con ispanici e sangue di Madre Africa, ha scelto, preferito, quella persona che per tutta l’altra gente del mondo (il mondo delle democrazie, sia ben chiaro) rappresenta uno scandalo a Washington D.C..

Ma ora l’esito c’è, il nuovo inquilino alla Casa Bianca pronto a comandare (anche se con pieni poteri dal mese di gennaio 2017), e occorre che in tutte le parti del globo se ne prenda atto. Ma Trump non ha corso da solo, nessuno l’ha agevolato, la battaglia con Hillary Diane Rodham è stata aspra e durissima, ricca di offese reciproche, anche minacciando arresti ad elezione avvenuta.

Devo dire, però, che le parole, in questa occasione, non sono servite, o meglio: hanno avuto scarsa influenza. Non sono state utili le parole che i due si sono sputate contro, non utili i fiumi di parole che sono state dette contro i due candidati. Radio, tv, siti online e carta stampata – Usa e
non -, anche i Social per la maggior parte, diciamo il 90%, tutti contro il Riccone di New York. Nessun danno, come riscontriamo oggi 9 novembre 2016.

Senza sortire alcuno effetto, a mio avviso, restano anche tutte le questioni legate al “caso mail o alla vita privata con un già presidente degli Stati Uniti d’America della candidata democratica di Chicago. Non penso neppure che sia stata “punita” dalla sua stessa gente perché donna. A volte le cose vanno così come devono andare.

Allora, come si arriva a questo risultato, che per miliardi di persone risulta scandaloso?

Oggi è difficile dare peso alle parole, al significato delle parole, a indagare le parole, a ricercare la verità nelle parole dette. Non si ha voglia di muovere il cervello, di agire, per l’accertamento dei verbi. Questo vale anche per il popolo degli States. Lo statunitense ha deciso subito per chi votare – lasciamo stare i sondaggi, per favore... – attendendo solo l’inizio delle operazioni di voto. I duellanti avrebbero potuto anche pugnalarsi nei diversi faccia a faccia. Loro, i votanti, il proprio pensiero non l’avrebbero mai più cambiato.

Troppa fatica a cercare di capire. Nessuno vuole più dedicarsi, scavare, radiografare. Se andassimo a controllare quanto tempo gli statunitensi hanno dedicato in questi ultimi periodi – mentre i nostri urlavano, e sbraitavano anche gli operatori dell’informazione - alle diverse installazioni sciocche su dispositivi mobili o pc, quante partite di qualsiasi sport hanno seguito, quanti ristoranti hanno frequentato – per alcuni anche quante poche volte hanno messo insieme il pranzo con la cena – arriveremmo a concludere che il nuovo presidente degli Stati Uniti d’America è Hillary Diane Rodham. No, scusate, anche io sono preso da mille altre cose: è Donald J. Trump.

Ai tempi di Mohandas Karamchand Gandhi, detto il Mahatma, la parola ha contato, ha avuto un peso enorme, ha cambiato parte del mondo.

Oggi non è più così. Sordi e ciechi. Poteva accadere di tutto, ma gli statunitensi, avevano già deciso. I due sfidanti hanno perso del tempo. Il Riccone no, probabilmente.

Ma forse, e messi insieme, psicologi, psicoterapeuti - aggiungiamo anche i sociologi - potrebbero dare delle spiegazioni definitive all'accaduto, frequentando gli aventi diritto di voto statunitensi. E italiani.

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