«La poesia non scomparirà mai perché è ciò che connota davvero l'essere umano». Oscar Hahn, poeta e saggista cileno di fama internazionale, uno degli intellettuali della "generazione ‘70", conosciuta anche come "generazione decimata", ha tenuto lezione agli studenti della cattedra di Letteratura ispanoamericana del professor Dante Liano, parlando delle sue opere e della sua esperienza di esule a causa del regime di Pinochet. Nato a Iquique, nel nord del Cile, nel 1938, Hahn nel suo Mal de amor del 1981, subì la censura. Il libro fu bandito dopo la sua pubblicazione: «Nessuno ha mai capito perché una raccolta di poesia d'amore potesse essere pericolosa per il regime. Una delle storie che circolavano al tempo era che il suo autore avesse una relazione clandestina con la moglie di un ammiraglio. Al tempo la trovai molto divertente, ma credo che se fosse stata vera oggi non sarei qui a leggere poesie».
L'opera di Hahn è intrisa di sentimenti forti, che coinvolgono, e l'amore ricorre spesso, come parte della vita quotidiana di ogni uomo: «Io stesso ho mosso i primi passi nella poesia amorosa. All'età di 16 anni la mia ragazza mi chiese, come prova d'amore, di comporle un acrostico. Corsi da un giovane poeta, mio vicino di casa, che ne compose uno per me. Il giorno dopo glielo portai e lei, incredula, mi costrinse a comporne uno davanti ai suoi occhi per essere sicura che fosse opera mia. Totalmente digiuno di poesia o letteratura, mi cimentai nell'operazione. Inaspettatamente riuscii a convincerla. Poi un bel giorno, quando avevo già dimenticato le mie precoci ambizioni letterarie, mi venne in mente un verso, e poi un altro ed un altro ancora. Poi divenne una poesia e così fu per le altre".
Hahn, Premio nazionale di letteratura del Cile nel 2012 e Premio Pablo Neruda nel 2011, fu costretto, nel 1973, ad abbandonare la sua cattedra all'Università del Cile dal regime del generale Pinochet e l'anno dopo lasciò definitivamente il paese per stabilirsi negli Stati Uniti dove ha insegnato letteratura ispano-americane all'Università dello Iowa. Oggi, dopo quasi 40 anni negli Stati Uniti, è tornato stabilmente nel suo paese di origine.
Ospite del dipartimento di Lingue e letterature straniere dell'ateneo, Hahn è stato invitato a leggere alcune delle sue poesie di grande successo e ha parlato del suo rapporto con la poesia italiana: «Negli anni sono stato un grande lettore di Petrarca, ho amato la sua poesia. Io stesso nel dedicarmi al sonetto ho seguito la sua strada. Del XX secolo, invece, ho molto amato poeti come Ungaretti, Quasimodo e Montale. Credo che la poesia italiana abbia un'identità non tanto nei temi, quanto nel modo di fare poesia, nel ritmo, nel movimento del linguaggio. Se dovessi fare una comparazione con la musica, sarebbe una tendenza all'adagio, all'andante. Per questo non mi piace particolarmente la poesia del secolo XIX perché è molto eloquente; invece, quella del secolo XX e più riposata, riflessiva, introspettiva, basti pensare a Ungaretti. Anche Montale quando parla del paesaggio fa una poesia di riflessione, mai esplicita o futile».
Ma se l'Italia ha avuto un grande ruolo nella sua formazione, la poesia di Hahn è figlia delle sue origini: «La poesia cilena, in generale, ha due linee-guida: una che è frutto dell'eredità di Walt Withman, ricca di magniloquenze - come quella di Neruda o De Rocka nel Cile che è intrisa dell'identità nazionale e latinoamericana - e l'altra, parallela, che sta al fianco di Nicanor Parra, Gonzalo Rojas, Enrique Linh che, invece, vanno verso la modernità, verso il XX e XXI secolo».
Come per molti intellettuali che hanno avuto un rapporto difficile con il potere Oscar Hahn ha un'idea precisa del rapporto tra poesia e potere. «Quando sono stato in visita a Bologna, ho visto la poltrona che Carducci aveva usato da consigliere e che porta ancora l'iscrizione. Quasi a dire un ruolo importante del poeta nella società. Credo che spesso si tratti, invece, di un falso mito. Il poeta è sempre stato uno tra tanti: non ha un ruolo diverso da qualsiasi altro cittadino; non condivido l'idea di dovergli assegnare un ruolo politico particolare. I lettori di poesia sono pochi e la poesia se la vanno a cercare dove sta. Internet, ad esempio, oggi, è un grande veicolo della poesia. E non penso che la società possa essere cambiata da due o tre versi scritti da un poeta».
“CattolicaNews” (Newsletter dell'Università Cattolica del Sacro Cuore), 8 maggio 2013