La casa stregata e altre offerte abitative


La prima sortita a Mangily per cercare una migliore sistemazione abitativa si è conclusa per me con un nulla di fatto. E questo, per svariati motivi, a cominciare dalla crisi economica mondiale. Sono dieci anni che vado regolarmente a Mangily, ma è la prima volta che il baretto sotto il Grande Tamarindo, che è un’istituzione per residenti e turisti che al mattino vogliano fare colazione malgascia, non aveva boko boko, non tanto per mancanza di farina, ma proprio per mancanza di clienti. La cosa paradossale è che sotto un certo aspetto è arrivata la civilizzazione, sotto forma di asfalto. Non solo Mangily è collegata a Tulear da una strada asfaltata di 27 Km fatta l’anno scorso dai cinesi, ma anche l’arteria principale che taglia in due il villaggio è asfaltata, tanto che molti conducenti di ciclo-poussy si stanno trasferendo laggiù, com’è testimoniato dal nostro taxi-brousse che il 22 dicembre ne aveva ben due sul tetto.




Ora Mangily si raggiunge in 20 minuti, mentre fino a un anno fa, causa terreno sabbioso, ci voleva un’ora o anche più. Ciò ha fatto lievitare i prezzi delle case per le vacanze e dei bungalow, sia in affitto che in vendita, come ho amaramente constatato di persona. Ma mentre Mangily è diventata appetibile come località turistica grazie alla comodità del collegamento con la città, si notano molti turisti in meno rispetto agli anni passati e la cosa mi fa venire in mente per analogia la storia dei turchi e dei veneziani. I turchi vennero dieci volte a fare razzie in Friuli, via mare, tanto che i veneziani costruirono quel gioiello che è la fortezza di Palmanova, presente in tutti i manuali di urbanistica del mondo, ma quando la fortezza fu finita, i turchi smisero di venire in Friuli. Pertanto, i proprietari di alberghi e ristoranti di Mangily, anche se non conoscono la storia del Friuli, sono preoccupati e falliscono uno dietro l’altro.




Daoly, la nostra guida indigena, che già nei giorni scorsi ci telefonava per sollecitare il nostro arrivo, mi parlava di una casa abitabile subito, connessa ad alcuni bungalow sulla spiaggia, per la quale il proprietario francese chiede 55.000 euro e di un’altro appezzamento con una casa bisognosa di ristrutturazione, con 4 bungalow e 40 metri di spiaggia privata, per la quale sono richiesti 31.000 euro. Entrambe le offerte mi sono rifiutato di andarle a vederle, perché sarebbe stata una perdita di tempo. Sorvolando su un appartamento fronte mare che costa 150.000 ariary al giorno, pari a 42 euro, altre due casette hanno attirato la mia attenzione.




Una ci è stata sconsigliata da Daoly stesso, perché proprio davanti c’è un sentiero usato dagli abitanti del villaggio per recarsi sulla spiaggia. Un’altra, invece, aveva più privacy e quindi più tranquillità, ma secondo il francese che ci ha dato le chiavi per poterla vedere all’interno, non è utilizzabile. Tanto per cominciare, non è ammobiliata, ma questo non è un problema perché io e Tina abbiamo già i nostri mobili. Poi, è senza luce ed acqua, ma anche questo non sarebbe un problema nel momento in cui il proprietario, un colonnello dell’esercito, dovesse fare gli allacciamenti e gli interventi necessari, mettendo un pannello fotovoltaico sul tetto e collegando la casa al pozzo con un motorino. Il tetto in lamiera garantirebbe il non allagamento delle stanze durante le piogge, cosa che le fibre vegetali usate normalmente non garantiscono.




Il francese alla fine ci ha dato il numero di telefono del proprietario, ma poi abbiamo deciso di lasciar perdere perché il colonnello si aspetterebbe che fossimo noi a fare tutti quei lavori, così che rimarrebbero in dotazione alla casa dopo che ce ne saremmo andati. La mancanza della cucina è stato un altro fattore negativo che ci ha consigliato di lasciar perdere: per cucinare si userebbero le fatapera alimentate a carbone, all’aperto, com’è nelle abitudini della maggioranza dei malgasci, ma per lavare i piatti senza acqua corrente diventerebbe oltremodo scomodo, almeno per me che sono deputato a tale incombenza. 



Come si toglie il detersivo da una pentola insaponata versando acqua con una tazza di plastica? Provate e poi mi dite! L’unica nota positiva, insieme alla tranquillità del posto, è la visione del mare, balneabile, attraverso i tronchi delle palme. Trovandosi su un promontorio di sabbia, la casa è al sicuro in caso di mareggiate, ma non in caso di tsunami.



Proseguendo il nostro giro con Daoly, solo per curiosità siamo andati a vedere anche la casa in vendita di un francese di nome Patrick, ma che i locali chiamano Besomotsy, letteralmente Grande Barba. Trovandosi nel cuore del villaggio e quindi lontano dal mare, non è di mio gradimento, ma la cifra di 11.000 euro mi aveva comunque consigliato di dargli un’occhiata. Arrivati sul posto, una ragazza che funge da guardiana ci ha introdotto in cortile e ci ha fatto vedere anche l’interno. Il padrone dalla grande barba, che avevo intravisto negli anni scorsi, non era presente per un motivo tristissimo: è in prigione per la terza volta da innocente. Alcuni genitori lo hanno denunciato perché avrebbe adescato la loro figlia minorenne. Siccome il signor Patrick ha avuto in passato due denunce dello stesso tenore, i giudici si sono convinti che sia veramente un pedofilo, a dispetto dell’anziana età e del fatto che è sposato da anni con una donna malgascia altrettanto anziana. La realtà è che molti malgasci vedono nei bianchi, sia turisti che residenti, un modo per far soldi, e fra questi ci sono anche molti giudici. Non potendo pagare la cauzione a suo marito, che è in prigione già da un mese, la moglie disperata ha messo in vendita la casa, ma l’informazione che avevamo si è rivelata erronea. Non di 11.000 euro si trattava, ma di 30.000. Buttata un’occhiata all’interno, ho notato che appoggiata al muro, a portata di mano, Besomotsy tiene una balestra, strumento volto a difendersi dai malintenzionati. Purtroppo per lui, i veri malintenzionati indossano giacca e cravatta e guidano grossi fuoristrada. La casa non la comprerà nessuno e non si sa per quanto tempo il signor Patrick, detto Besomotsy, dovrà marcire in galera. Tina, che è superstiziosa, dice che se la comprassimo parte della sfortuna che ha colpito quell’uomo si riverserebbe su di noi.




E già che stiamo parlando di cronaca nera, ecco il caso di Patrizia, un ragazzo gay che fotografai per la prima volta dieci anni fa. Notato l’occhio gonfio, gli ho chiesto cosa gli fosse successo. L’ho trovato piuttosto reticente, ma i pettegolezzi, che sono un’ottima fonte per giornalisti e blogger, mi hanno permesso alla fine di venire a capo del mistero. Nei giorni scorsi Patrizia ha incontrato un eterosessuale che gli piaceva particolarmente. Tentato un primo approccio diretto mediante palpazione dell’organo genitale dello sconosciuto, Patrizia veniva messa aspramente in guardia e minacciata di non continuare, ma per una sua probabile leggerezza, tipica di gay che non si sa fino a che punto si atteggiano e fino a che punto sono così di natura, Patrizia palpò nuovamente l’organo proibito. A quel punto è scattata la reazione dell’interessato, forse un tantino esagerata. L’uomo ha colpito Patrizia con una testata sull’occhio sinistro, che si è gonfiato al punto da diventare grande come una noce di cocco. I vazaha, va detto a loro onore, hanno fatto una colletta per pagare allo sfortunato spasimante le spese ospedaliere, ma quando l’ho incontrato io, l’occhio non era ancora del tutto guarito. Avrà imparato, Patrizia, la lezione?





Ed infine, dulcis in fundo, la storia di Veronique, che dieci anni fa era una bambina spensierata che faceva il bagno insieme ai suoi coetanei e ai turisti che le davano volentieri biscotti e bon bon. Negli anni scorsi, un signore di Pavia che conobbi nel mio primo viaggio del 2006, e con cui sono rimasto in contatto telefonico, tanto che ora è un affezionato utente del mio blog, le fece avere mio tramite riso e fagioli, poiché la famiglia di Veronique era poverissima. La madre fu ben contenta di ricevere il dono di quello straniero. E’ facile in Madagascar provare simpatia per vecchi e bambini, simboli di innocenza nonché bisognosi di protezione. A me è successo con Joshef, un mendicante paraplegico: tra lui e il sottoscritto è scattata una reciproca simpatia, che va ovviamente tutta a suo vantaggio. Oggi Veronique è una snella ragazza di 18 anni, con lo stesso civettuolo neo sul mento che aveva dieci anni fa e la cosa incredibile è che si ricorda benissimo di quel vazaha di Pavia che le regalava biscotti e caramelle.  


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