Le origini della pirotecnica si fanno risalire all’anno Mille e all’ingegno di alcuni monaci cinesi, la polvere da sparo era stata scoperta non molto tempo prima. La diffusione in Europa del «sale di Cina» non tarda: nel 1245 Ruggero Bacone stabilisce che è composto da nitrato di potassio, carbone di legna e zolfo. Una formula mai più messa in discussione. Altra figura fondamentale è quella di Vannoccio Biringuccio, che compone De la pirotechnia. È la prima metà del Cinquecento e in Italia la polvere nera viene usata quasi solo a scopi bellici.
Con il fiorire del Rinascimento a Firenze fa la sua apparizione a feste e ricevimenti. L’architetto e artista Bernardo Buontalenti, con i suoi spettacoli a base di fuochi d’artificio, si guadagna un posto d’onore alla corte dei Medici e il soprannome di Bernardo delle girandole. Due secoli dopo a Bologna i fratelli Gaetano, Pietro, Antonio e Petronio Ruggieri rivoluzionano l’arte tramite l’invenzione di nuovi tipi di razzi, l’uso di additivi chimici coloranti e l’idea dello scoppio in sequenza. Luigi XV apprezza l’effetto scenico delle composizioni e si assicura le loro prestazioni come artificieri a Versailles.
Un vero mercato dei fuochi d’artificio lungo la penisola sorge agli inizi del Novecento, epoca in cui inaugurano alcune delle principali ditte italiane ancora in attività. Altre vedranno la luce con il secondo dopoguerra e beneficeranno del boom economico. Il resto è l’oggi, fatto di micce cinesi e Madonne in giro per le strade.
Pagina 99, 19 dicembre 2015