A dispetto della veste elegante e del nome che potrebbe ingolosire i collezionisti di lattine di birra e gli estimatori del biondo nettare degli Dei, la “Birra africana” nasconde un segreto inconfessabile: è l’ennesimo prodotto della globalizzazione. Personalmente, disapprovo le politiche internazionali che portano questo prodotto, come tanti altri, ad avere la sede legale nelle isole Maurizio, ad essere confezionate in Polonia e commercializzate in Madagascar (e probabilmente anche in altri stati africani, visto il nome). Il fatto che venga dall’Europa spiega il suo prezzo: 3.300 ariary, un euro. Io sono per i chilometri zero. Tuttavia, la THB, sempre da 50 cl, di produzione locale, costa poco meno: 2.500. Anzitutto bisogna dire che, con i suoi otto gradi, fa parte del gruppo delle birre aromatiche e liquorose che danno subito alla testa. L’ho voluta provare per curiosità ma non è stata di mio gradimento. Troppo pastoso il suo retrogusto. Pertanto, il vostro Mastro Birraio ve la sconsiglia. Non lasciatevi tentare dai colori della lattina. L’apparenza inganna ed inebria.
L’orsetto ubriacone
Wednesday, 8 March 2017
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