Sono “migliorista” e me ne vanto (Emanuele Macaluso)

Nella pagina fb che cura “EM.MA in corsivo”, il 28 febbraio scorso Emanuele Macaluso difendeva con ottime argomentazioni la parola "migliorista" e il suo personale "migliorismo". È un pezzo da antologia, ben pensato e benissimo scritto. Resta da chiedersi se sempre e dovunque le pratiche della cosiddetta corrente "migliorista" servivano davvero a migliorare le condizioni dei lavoratori. Per esempio migliorò le condizioni dei lavoratori il rapporto particolare che a Milano Cervetti e Borghini coltivavano col costruttore Li Gresti, il principale finanziatore de "Il moderno", il foglio antiberlingueriano dei cosiddetti "miglioristi" milanesi? E le migliorò, sempre nei primi anni Ottanta, l'attacco a Berlinguer sulla "questione morale", dopo gli scandali torinesi e genovesi nel Psi craxiano? Purtroppo il "migliorismo" di quegli anni fu quella cosa lì, una sorta di filocraxismo, e fu una cosa ben diversa dalla solida "destra" amendoliana, davvero seriamente migliorista.
Macaluso fa bene a non offendersi se viene chiamato "migliorista". Una volta quando un giovane compagno, in sezione a Bastia, usò lo stesso termine contro di me non so più per quale ragione, gli risposi piccato "vorresti che fossi un peggiorista?". E tuttavia non deve meravigliarsi se qualcuno non ricorda con simpatia alcuni "miglioristi" e le loro manovre. (S.L.L.)
Emanuele Macaluso
Vedo che alcuni lettori dei miei corsivi non concordano con quel che scrivo (è bene che ci siano) e ritengono di offendermi chiamandomi “migliorista”, come a dire che i miglioristi non vanno a fondo delle cose e praticamente stanno con il sistema. Queste persone non sanno che io sono onorato di essere definito migliorista. Alcuni anni fa scrissi un articolo su l’Unità con questo titolo: ”Sì, sono migliorista”. E lo sono perché ho dedicato la mia vita a migliorare le condizioni di vita dei lavoratori. Le prime leghe dei braccianti si chiamavano, appunto, “Leghe di miglioramento”. Sono stato nella Cgil con Di Vittorio: mi insegnò che la battaglia per il miglioramento delle condizioni dei lavoratori era essenziale. Sono stato nella Direzione e nella segreteria del Pci con Togliatti, Longo e Berlinguer i quali pensavano la stessa cosa. Già Togliatti ci insegnò che se non si lotta per migliorare le condizioni di vita dei lavoratori parlare di socialismo vuol dire fare sono chiacchiere. Ho lavorato per anni con Enrico Berlinguer e, in un momento difficile, quando Craxi era presidente del Consiglio, volle che fossi io a dirigere l’Unità anche perché conosceva bene le cose che pensavo.
Ho riportato queste brevi note biografiche non solo per informare i disinformati ma per dire che oggi nel Pd e fuori di esso mancano i miglioristi, cioè mancano i dirigenti in grado di condurre le lotte per migliorare le condizioni dei lavoratori. E qualcosa manca anche al sindacato se penso ai braccianti immigrati che in Puglia e altrove muoiono per la fatica guadagnando pochi euro al giorno; quando vedo in tv dove queste persone dormono e dove mangiano, mi ribolle il sangue.
Mancano anche le lotte per il lavoro dei giovani di cui tanto si parla. Il mondo è cambiato ed è anche cambiato quello del lavoro ed è mutato il capitalismo ma, come ho scritto altre volte, la lotta di classe non cambia nella sostanza ma nelle forme in cui si esercita. Infatti, oggi tutti parlano di quanto si è allargata la forbice tra i ricchi e i poveri ma non si va oltre la semplice constatazione.
Le cose sono andate come sappiamo anche perché non solo in Italia il sindacato e la sinistra sono più deboli e spesso non hanno capito come si esercita modernamente lo sfruttamento. E non hanno capito che oggi più di ieri è necessario, in presenza della globalizzazione, un collegamento della sinistra e dei sindacati a livello europeo, anzi mondiale. È esattamente su questo che bisognerebbe lavorare e discutere per ricostruire una sinistra che abbia il miglioramento nel suo Dna.

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